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Alla prima intervista da neo proclamato sindaco di Cagliari, avvenuta una manciata di ore fa, Massimo Zedda è pronto a tornare nel palazzo dove per quasi due mandati ha guidato la città. Forte di un plebiscito di cui non si prende interamente il merito, un 60% abbondante che l’ha catapultato nuovamente a capo della sua città. Da domani, sarà pienamente operativo a palazzo Bacaredda. Con una priorità su tutte: far tornare bella Cagliari, ora brutta, sporca e trascurata dove i turisti devono fare slalom fra transenne e cantieri e che i cittadini non riconoscono più. E poi cantieri, sociale, sicurezza e decoro urbano: tante cose, tantissime aspettative, molta voglia di non deludere nessuno, assicura Zedda.
Il plebiscito lo rivendica o è più merito della coalizione?
Vittorie e sconfitte non dipendono solo da un elemento. Sono un mix fatto di forza delle coalizioni, forza dei candidati, malcontento per i governi precedenti.
Ma perché piace tanto ai cagliaritani?
A prescindere dalle opinioni politiche di ognuno, nello stesso giorno i cittadini hanno votato per me alle comunali e per la destra alle europee: ecco, penso che i cagliaritani mi percepiscano in maniera non ideologica, come un sindaco che lavora per la città. Non svolgo il ruolo guardando a una parte politica ma alla città e ai suoi problemi: e i cittadini lo hanno constatato.
Da domani sarà a palazzo Bacaredda. Facciamo l’agenda.
Ho già chiesto di riunire dipendenti e dirigenti per salutarli. Tutti, a partire da quelli che sono nel palazzo. Nel pomeriggio inizierò i confronti con i partiti per la formazione della giunta. E incontrerò subito la presidente della Regione Todde per affrontare prima di tutto il tema dei finanziamenti europei, e cioè i tempi entro cui spendere i soldi per non perderli.
E che giunta sarà quella di Massimo Zedda terzo?
Una giunta politica ma con forti competenze tecniche.
Beh, mica facile.
Ma assolutamente possibile: abbiamo tante persone preparate in questo senso.
Finiti saluti e incontri, primo problema affrontare.
Intanto l’approvazione dei bilanci in scadenza di tutte le società partecipate, che convocheremo immediatamente per potere procedere. Poi la programmazione della stagione estiva: ovviamente nulla è stato fatto, e ora sarà una corsa contro il tempo, ma conto di riuscire a organizzare qualche evento. Incontrerò subito anche la città metropolitana per avviare un’azione rapida e condivisa con tutti i comuni coinvolti.
E poi?
Quello che voglio è far tornare Cagliari al suo splendore. Farla diventare bella come era dieci anni fa. Una città che tutti ci invidiavano e che ora è disordinata, sporca, triste, trascurata: pessimo biglietto da visita per i turisti e irriconoscibile ai suoi cittadini. La città ha perso punti e deve riconquistarli, dunque ordine e decoro urbano sono certamente altre due priorità. E poi, ancora, sanità e sociale.
Non abbiamo ancora parlato dei cantieri.
Un problema serio, che affronterò immediatamente. Il mio obiettivo è accelerare il più possibile la chiusura, facendo qualche modifica purché non vada a rallentare i lavori e restituire presto la città ai cagliaritani.
E il contestato bosco urbano dell’archistar Boeri rimane?
Stanno già piantando gli alberi, è troppo tardi per eliminarlo. Ma già la soprintendenza ha apportato alcune modifiche che lo miglioreranno tecnicamente.
Come farà ad accelerare?
Incontrerò le imprese e spero che loro mi diano le indicazioni per aiutarli a chiudere in fretta.
Ma lei lo sa che le aspettative dei cittadini, in questa situazione in cui il campo largo in Sardegna ha vinto ovunque, sono altissime?
Certo, la gente si aspetta giustamente grandi cose. Ed è un’aspettativa che va soddisfatta e che non deluderemo, perché riguarda lo sviluppo della città, anzi delle città, e il futuro dei cittadini.
Il giorno delle elezioni cosa ha fatto?
Sono andato a votare e poi ho staccato, ho atteso serenamente il risultato.
A chi deve dire grazie Massimo Zedda per questo grande successo?
Alla città.
E a chi deve dire grazie per la sua carriera politica?
A tante persone. Ma prima di tutto all’aria che ho respirato in casa sin da bambino.