La prima “avvisaglia” a diciassette anni. Francesca Loi, una ragazza normalissima e con una vita altrettanto standard, cade in depressione: “La diagnosi definitiva dei medici è arrivata solo quattro anni più tardi. Bipolarità”. Momenti “down” che si alternano a momenti “up”, cioè fasi di depressione che si interrompono con una “ipomania” elevata, che però poi cala, pian piano. E ritorna la “fase nera”. Oggi ha ventotto anni, la Loi, e convive quasi serenamente con la sua sindrome. Il suo passato è fatto di una battaglia quotidiana, per non dire oraria: “Per lunghi periodi non riuscivo nemmeno a mangiare, lavare o camminare da sola. I miei genitori e mio fratello, più piccolo, mi sono sempre stati vicini”. Non può dire lo stesso, purtroppo, dei suoi amici: “Sono stata abbandonata, quando si è giovani magari è pure capibile che non si riesca a rapportarsi con un problema così grande”. Ecco, l’abbandono “sociale” vissuto da Francesca è stato “annullato” soprattutto grazie a sua madre e suo padre. Sino alla svolta: “Un giorno stavo camminando insieme a mia mamma, lei mi teneva la mano. All’improvviso le ho chiesto perché lo stesse facendo, e ho iniziato a camminare da sola”. Cosa sia scattato dentro, non se l’è mai chiesto, la ventottenne. Ma, forse, nemmeno è utile saperlo.
“Ho iniziato a dipingere e a cantare, la mia cantante preferita è Noemi, mi rivedo molto nei suoi testi. Ho avuto anche la fortuna di conoscerla dal vivo”, confessa. Dalla bipolarità non si può uscire, bisogna conviverci. Francesca Loi, questo, lo sa benissimo. Ed è proprio perché è consapevole che tutta la sua vita sarà segnata da una “bestia”, purtroppo, conosciuta, che è sicura nell’affermare, sfoggiando un sorriso smagliante, che “non ci si deve mai vergognare. Lo dico a chi si trova nella mia stessa condizione, la bipolarità non è una colpa o un qualcosa arrivato per punizione”. Il suo sogno nel cassetto? È doppio: “Voglio affermarmi nel lavoro e crearmi una famiglia tutta mia”.