Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp
Flop Autodeterminatzione: si dimette anche Valentina Sanna, presidente di Comunidades. Un vero naufragio post elettorale, quello del movimento che Antony Muroni aveva guidato prima del brusco risveglio del 4 marzo. Queste le parole polemiche dell’addio di Sanna: “Sono passati più di due mesi dalle elezioni politiche alle quali, con 8 sigle guidate dal portavoce Anthony Muroni, presentammo il Progetto AutodetermiNatzione. Un Progetto che, rivolgendosi a tutti sardi e superando gli steccati ideologici, doveva rappresentare la “speranza perché la Sardegna uscisse dalla fase attuale di decadenza e impoverimento, frutto delle politiche delle Giunte regionali espresse dai partiti subordinati a Roma e dai loro alleati, con l’obiettivo di scardinare il vecchio modello di sviluppo basato sulla dipendenza.”
Un Progetto che voleva rappresentare un processo di rottura e discontinuità rispetto al passato, riferito certo alla politica espressa dalle giunte regionali precedenti, ma non di meno rispetto alle prassi egoistiche e divisive che hanno sempre ostacolato tutti i processi di convergenza tra le forze indipendentiste, autonomiste e sovraniste della Sardegna.
La parola autodeterminazione, con la quale eravamo riusciti a vincere la diffidenza di oltre 20.000 sardi e a portarli su un percorso che nel suo orizzonte aveva l’indipendenza della Sardegna, è stata la chiave che ha reso possibile ciò che tra i movimenti indipendentisti non era mai stato possibile: un progetto che vedeva finalmente insieme partiti storicamente divisi. Un obiettivo che, crediamo, sia stato raggiunto non solo per la volontà delle 8 componenti (pure indispensabile) ma perché la figura intorno a cui si è potuta catalizzare l’aggregazione politica incarnava, per noi e per i sardi a cui ci rivolgevamo, l’elemento nuovo, di rottura, estraneo alle passate e fallimentari ricette precedenti.
La campagna elettorale è stata un momento bello ed esaltante, abbiamo fatto promesse importanti ed impegnative, vantandoci (e a ragione) di essere riusciti insieme laddove divisi non eravamo mai arrivati.
Tutti insieme, stretti in una fiducia reciproca che sembrava inscalfibile, siamo arrivati al 2 marzo con l’entusiasmo e la sensazione che un processo di liberazione della Sardegna fosse ormai avviato ed inarrestabile.
Se avessimo fatto prima di quella data, come ci eravamo ripromessi di fare, lo Statuto e l’Associazione Progetto Autodeterminatzione, probabilmente niente o poco di irreparabile come invece è avvenuto, sarebbe successo.
Lo Statuto, non per responsabilità di tutti ma solo di una parte, non si è fatto nel tempo stabilito. E all’indomani del 4 marzo, un risultato comunque insperato e per noi di Comunidades estremamente positivo, non è stato considerato un patrimonio abbastanza prezioso, come invece era, da salvaguardare. Anzi. La prima priorità, e vecchio vizio, è stata la rimozione della fiducia (nei fatti) di Muroni, fino al 2 marzo considerato un leader generoso e democratico riconosciuto da tutti gli 8, e dal 5 marzo improvvisamente decaduto ad accentratore con l’aspirazione di fare del Progetto Autodeterminatzione un soggetto politico unico in cui scioglierne le componenti.
Ancora oggi ci chiediamo in quale luogo o contesto sia potuta emergere una tale convinzione, noi non l’abbiamo mai lontanamente intravista, né in dichiarazioni al tavolo politico, né in conversazioni meno formali.
Tant’è, questo è stato un primo segnale dello scricchiolio che ha poi generato il tracollo verso i successivi avvenimenti. Al netto delle responsabilità di ciascuno di noi, resta però la convinzione di Comunidades che molto poteva essere evitato, se la volontà di restare uniti, pur nelle difficoltà e incomprensioni, fosse rimasta immutata.
È chiaro, oggi, che ciò che ci ha diviso non sono derubricabili a semplici incomprensioni. Ci divide senza dubbio una pratica, prima di tutto nei rapporti personali, che può trasformare da un giorno all’altro il portavoce che fino a ieri ci rappresentava totalmente in qualcuno da cui guardarsi e prendere le distanze, disconoscendo di fatto, nel momento in cui si accettano senza discussione le sue dimissioni, che l’obiettivo raggiunto il 4 marzo è stato frutto, in larga parte, del suo impegno.
La prassi politica, poi, è cosa già vista e per noi non più accettabile da molti anni.
Con una componente autosospesa si è deciso di andare avanti sulle regole, e lo Statuto di un Associazione politica che cambia nome (non più Progetto Autodeterminatzione ma solo “AutodetermiNatzione”) e simbolo (come votato nella riunione del 24 aprile u.s.).
Per noi di Comunidades, per le ragioni qui sintetizzate e per altre che in questi mesi abbiamo espresso nel tavolo politico (e che sono agli atti dei verbali), sono venute a mancare le condizioni necessarie perché possiamo proseguire il percorso intrapreso dalle 6 componenti che, come ultimo atto, hanno scritto (subito dopo che avevamo lasciato l’ultima riunione), un comunicato che, per i toni, le modalità e i contenuti, ha sancito la definitiva messa al bando di Sardos.
L’autodeterminazione resta l’obiettivo politico di Comunidades che esce da questo tavolo ma non rinuncia alla sua azione rivolta ai sardi e al bene della Sardegna. Lo faremo intanto partendo da noi, senza la fretta della contingenza elettorale che, spesso, stimola l’appetito di chi guarda troppo agli interessi ristretti del proprio partito e poco a quelli più generali e con traguardi più lontani, ma certo più alti di uno scranno parlamentare (italiano o sardo che sia).
Noi di Comunidades, riprenderemo la strada che è stata abbandonata il 4 marzo, con lo spirito che ci ha spinto e contraddistinto nei mesi precedenti alle elezioni, confermando che tutto ciò che faremo sarà all’insegna dell’autodeterminazione, senza i partiti italiani, portando avanti con pazienza la rivoluzione tranquilla che avevamo promesso.
E il primo passo del nostro cammino fuori da qui è autodeterminarci nella nostra scelta di essere protagonisti alla pari con i nostri interlocutori e non ospiti sgraditi in una casa che abbiamo contribuito a costruire dalle sue fondamenta, né complici di azioni che noi disconosciamo prima di tutto nei metodi.Ci resta l’amarezza di non essere riusciti a fermare il processo di disgregazione degli ultimi due mesi e la sofferenza nel vedere un Progetto bellissimo che avevamo regalato ai sardi, trasformarsi nell’ennesimo tavolo di singoli interessi che convergono “quando necessario”.
Non era questo il nostro Progetto. E a chi rimane lo lasciamo, per quello che è diventato”.