Femminicidio di Francesca Deidda, battaglia sull’arma e sull’ipotesi del complice: “Basta pettegolezzi e illazioni”

Si accende la polemica a margine del primo giorno di verifiche del Ris sugli oggetti recuperati a San Sperate e nelle campagne. La criminologa Roberta Bruzzone non esclude che qualcuno possa avere aiutato Igor Sollai a nascondere il corpo della donna, i suoi legali Carlo Demurtas e Laura Pirarba: “Lavoriamo su dati e riscontri ufficiali, i processi mediatici non fanno parte della nostra professione”.


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Le indagini per il femminicidio di Francesca Deidda vanno avanti, con il Ris impegnato ad analizzare, tra oggetti e tamponi, ben oltre cento “elementi” recuperati tra la casa di San Sperate e le campagna dove è stato ritrovato il corpo della 42enne. Dai frammenti di stoffa ai vasi, tutto viene doverosamente passato al setaccio e, forse anche prima di Ferragosto, sarà depositata la relazione al pm Marco Cocco. Intanto, però, è battaglia, per non dire guerra, per quanto riguarda alcune dichiarazioni fatte negli ultimi giorni, inclusa quella che Sollai, unico indagato, avrebbe usato un attrezzo da palestra per sfondare il cranio della moglie. Ieri la criminologa Roberta Bruzzone ha avanzato l’ipotesi di un complice che potrebbe avere aiutato il 43enne, attualmente rinchiuso a Uta, nelle fasi dell’occultamento del cadavere. Una ipotesi, lecita da fare, nulla di più, ma che sembra essere stata recepita dai legali di Sollai, Carlo Demurtas e Laura Pirarba, come la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
 “Continuano ad essere resi noti dettagli e circostanze che, oltre a non essere corretti e rispondenti a quanto sino ad ora accertato, in alcuni passaggi violano il segreto istruttorio e il principio di non colpevolezza. Ribadiamo che i carabinieri dei Ris e dei Ros stanno continuando a svolgere gli accertamenti ed esami delegati dal pm, dei quali non abbiamo alcuna relazione definitiva. Siamo ancora nella delicata fase delle indagini e, pertanto, non può certamente affermarsi che sia stata raggiunta la prova di alcun reato la cui sussistenza, secondo le norme del codice e della Costituzione, può essere dimostrata solo all’esito di un giusto e regolare processo”, affermano Demurtas e Pirarba. “Ad oggi, sebbene numerose testate nelle scorse settimane abbiano affermato il contrario, non ci sono ancora dati oggettivi che permettano di affermare natura e provenienza delle tracce biologiche riscontrate, così come non c’è alcun elemento che consenta di formulare ipotesi sull’arma del delitto. Noi continuiamo a lavorare su dati, riscontri e risultati ufficiali che emergono dagli atti che allo stato sono unicamente nella disponibilità del pm e della difesa del Sollai, non su pettegolezzi e illazioni, nel rispetto della presunzione di innocenza, che in questo procedimento viene continuamente violata. I processi mediatici non fanno parte della nostra professione, noi ci confrontiamo con le norme e con i principi costituzionali”.


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