Cuglieri, speranze per l’ulivo millenario inghiottito dal fuoco: “Il patriarca vivrà ancora”

Il botanico Camarda ha guidato le operazioni di salvataggio dell’albero di Sa Tanca Manna, uno dei più antichi d’Italia. “Il patriarca riuscirà a sopravvivere”, scrive Gianluigi Bacchetta, botanico sardo, “resterà mutilato e ridotto ai minimi termini, ma la parte di sinistra sembra vitale e l’intervento provvidenziale dei pompieri”


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Mutilato e ai minimi termini, ma il patriarca vivrà ancora. Questo secondo Gianluigi Bacchetta, botanico cagliaritano, impegnato nel tentativo di salvare, almeno la memoria del bimillenario olivo di Sa Tanca Manna divorato dal gigantesco incendio che ha incenerito il territorio di Cuglieri e del Montiferru in questi giorni

“L’oleastro di Tanca Manna non esiste più”, scrive Ignazio Camarda, “il suo possente tronco è nascosto dalla amplissima chioma rovinata a terra con i suoi mille rami, i tronchi continuano a bruciare, si affonda nello strato di cenere caldissima, la ceppaia brucia ancora con fiamma vivace. E’ impossibile fare qualcosa. Una piccola parte basale del tronco sembra meno compromessa. Andiamo via per riferire in comune. Nel frattempo una autobotte ed un pk dei vigili del fuoco passa nella stretta strada. Torniamo indietro pensando che stiano andando all’oleastro. Non è così. Il mezzo sta fermo in mezzo alla radura poco lontano a presidiare un altro aspetto del disastro ambientale. Arriva una macchina della polizia municipale. Riferiamo che forse si può fare qualcosa. Ma non riceviamo che una bottiglia d’acqua e l’impegno di informare subito il centro di coordinamento. Il fuoco continua a consumare il tronco dall’interno. A questo punto ci facciamo sentire dai vigili del fuoco, che in breve raggiungono la posizione utile per utilizzare il getto d’acqua  per spegnere il fuoco. Sotto il potente getto d’acqua il vapore acqueo sollevato solleva una nuvola continua di vapore acqueo.  Facciamo concentrare il getto in una parte che pensiamo (speriamo) tuttora vitale. Ci vuole una buona mezzora per avere certezza che  il fuoco sia spento del tutto.

Un intervento tempestivo avrebbe forse salvato qualche altra parte della ceppaia, ma di questo non ne siamo certo. Come non siamo certi se l’operazione sia stata in qualche modo utile per far germinare un pollone della parte che ci sembra meno deteriorata.

Il peggio sarebbe che il ceppo continui a bruciare a partire da qualche pezzo di radice ancora viva sottoterra. Un nuovo pollone consentirebbe di mantenere la memoria di uno degli alberi più  bello e annoso della Sardegna.

“Il patriarca riuscirà a sopravvivere”, scrive Gianluigi Bacchetta, altro illustre botanico sardo, “resterà mutilato e ridotto ai minimi termini, ma la parte di sinistra sembra vitale e l’intervento provvidenziale dei pompieri da te richiesto ha avuto effetto. Il tronco e le radici non ardono più e adesso bisogna continuare a bagnare la rizosfera per fare abbassare le temperature del suolo, poi si vedrà. Ci vediamo mercoledì mattina per verificare insieme se effettivamente queste prime cure hanno avuto l’effetto sperato: bloccare la combustione interna di tronco e radici, abbassare la temperatura del suolo e conseguentemente della rizosfera. Forza, coraggio e resilienza”.


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