Nel segno della creatività e della libertà d’espressione con “Controcanti/ L’Opera buffa della censura” – originale pièce metateatrale scritta e interpretata da uno scrittore “cult” come Carlo Lucarelli – autore di romanzi e racconti, giornalista, drammaturgo e regista, e noto conduttore di trasmissioni televisive che fanno luce sui misteri italiani (e non solo) da “Blu Notte” a “Profondo Nero” – in cartellone DOMANI (martedì 7 marzo) alle 21 al Teatro Civico Oriana Fallaci di Ozieri e mercoledì 8 marzo alle 21 al Teatro Civico di Alghero sotto le insegne del CeDAC per la stagione 2016-17 de La Grande Prosa nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna.
Sotto i riflettori – insieme al prolifico narratore di delitti e intrighi,dalla serie di Grazia Negro alle indagini del commissario De Luca – due eccellenti musicisti come l’eclettico polistrumentista Marco Caronna (voce, chitarra, percussioni) e il pianista e compositore Alessandro Nidi, per una storia che inizia nel pieno della suspense con tre artisti in fuga, finiti per caso in uno scantinato dove, insieme a una vecchia radio e a un microfono, si trovano dei reperti di epoca fascista. Si tratta forse di un antico rifugio degli oppositori al regime o magari di un’emittente clandestina: le tracce del passato sollecitano la fantasia e la memoria, e fanno riaffiorare episodi singolari e significativi, a cominciare dall’origine controversa di una certa canzone, diventata popolare proprio durante il Ventennio…
In un gioco di specchi tra la difficile situazione dei tre personaggi – l’ignoto scrittore e i due musicisti “un po’ cialtroni” – nel loro nascondiglio provvisorio, in attesa di notizie e aiuti dall’esterno per decidere se fermarsi o proseguire il viaggio, con l’ansia di essere scoperti, e le molteplici facce della repressione, ieri come oggi, la discussione cade inevitabilmente sul tema della censura. Tra gli esempi anche illustri, come il poeta e scrittore Pier Paolo Pasolini, si spazia dall’Italia – in particolare durante il regime, con il famigerato MinCulPop – alla Germania nazista, all’America del Sud ma anche dietro le quinte dell’apparentemente innocuo ma popolarissimo Festival di Sanremo, tra i canti di protesta e le note fiorite nell’inferno dei lager.
Focus sui moderni censori – custodi della moralità e dei costumi come gli storici predecessori dell’antica Roma, ma anche e soprattutto vigili controllori al servizio del potere, attenti a limitare ogni pericolosa trasgressione alle regole soffocando le voci dissonanti e fuori dal coro come le espressioni men che ortodosse del pensiero e vietando la circolazione di quelle opere capaci di turbare le coscienze e l’ordine costituito. “Controcanti” mette in risalto gli aspetti più grotteschi e infelici dei tentativi più o meno riusciti di “censurare” sulla pagina come a teatro, e poi alla radio, al cinema e alla televisione parole e frasi irrispettose o francamente irridenti rispetto alle massime autorità politiche e pure religiose, capaci di insinuare il germe del dubbio nelle coscienze, ovvero di istigare alla rivolta le masse dei diseredati.
L’ironia è chiave di volta dello spettacolo ed è anche l’arma più potente contro l’ottusità dei regimi, uno strumento sottile e acuminato capace di sfuggire grazie a fantasiose metafore e velate allusioni perfino ai rigorosi controlli, e di colpire nel segno mettendo in ridicolo i fasti e la retorica governativa. Carlo Lucarelli e i suoi compagni d’avventura sfogliano così alcune delle pagine meno “memorabili” e più vergognose e imbarazzanti della storia del Novecento, accostandole a momenti luminosi in cui l’arte e in particolare l’alchimia di parole e note di una canzone hanno permesso alle vittime di ribellarsi ai propri carnefici, trasformando un’umiliazione inflitta con sadismo e brutale indifferenza in trionfo dell’umanità.
Tra i paradossi della censura – con le sue “pecette” e gli infami “tagli” sui dischi – vi è proprio di mettere involontariamente l’accento, ammantandoli con il fascino del proibito, sui testi invisi al potere e insieme di suscitare sdegno e riprovazione tra i contemporanei e i posteri per quell’oblio spesso preventivamente imposto a quelli che si riveleranno assoluti capolavori. Se nell’equilibrio degli opposti un “eccesso” di libertà produce la censura, il rigore di quest’ultima per reazione induce a sfidarne come atto di coraggio le norme più intransigenti, e a una volontà di ribellione che finisce con lo scardinare il sistema. La libertà è un po’ come l’aria – e altrettanto necessaria: finché c’è è quasi inavvertibile, invisibile e intangibile, ma se inizia a rarefarsi, manca il respiro come nell’approssimarsi della morte – simbolica ma non meno crudele.
Nel mondo all’inizio del terzo millennio la libertà di parola e di stampa appaiono come diritti aleatori: se in determinati Paesi la censura e la repressione si manifestano in forme inequivocabili e funeste, dalle minacce al carcere, dalla tortura all’assassinio, altrove le intimidazioni seguono vie più subdole, dall’adulazione e persuasione, al ricatto. Le vicende di Julian Assange e WikiLeaks mostrano come la verità possa a volte rivelarsi “pericolosa” (anche se mai quanto la menzogna) e ribadiscono il ruolo fondamentale dell’informazione nella società contemporanea e nell’era della rete: tra flussi indiscriminati di notizie la verifica delle fonti e l’indipendenza del cosiddetto “quarto potere” rappresentano il baluardo contro il caos. La prossima sfida per i giornali e i mass media si giocherà sul terreno difficile dell’integrazione con le nuove tecnologie e la realtà aumentata ma il compito dei cronisti – come degli intellettuali e degli artisti fin dalla notte dei tempi resta quello criciale di sollevare il velo di Maya e indurre donne e uomini a riflettere su se stessi e sul mondo, a non lasciarsi ingannare dalle apparenze e e indagare alla ricerca della verità.