Cagliari, l’urlo del papà disperato: “Non vedo mio figlio da 4 anni. Dormo con la sua felpina sotto il cuscino”

L’uomo non vede più il figlio dopo uno scontro con gli educatori durante un incontro protetto. Da allora dorme con la felpina del bambino sotto il cuscino con la speranza di riabbracciare il suo piccolo il prima possibile.


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Non vede suo figlio da 4 anni. E oggi un 38enne cagliaritano è un papà disperato. Cerca di fare i conti con gli sbagli del passato che lo perseguitano e di conquistarsi una vita lavorativa e familiare serena. Nel frattempo l’esistenza è complicata dai rancori e una burocrazia gelida macchinosa e lenta. Non vede più il figlio dopo uno scontro con gli educatori durante un incontro protetto. Da allora dorme con la felpina del bambino sotto il cuscino con la speranza di riabbracciare il suo piccolo il prima possibile.
E’ lui stesso a raccontare la propria storia. Nel 2006 entra in relazione con una ragazza di Cagliari che al tempo aveva una bambina piccola. Parte una convivenza, anche se il mantenimento economico dei due era garantito dalle attività delinquenziali del giovane che gli costano il carcere. Fino alla svolta della vita.
“Quando è nato mio figlio una magia si è impossessata della mia mente e dei miei pensieri: dovevo assolutamente vederlo crescere e decisi di smettere di delinquere. Qualche soldo lo avevo messo da parte, decisi allora con la mia compagna di cercare di cambiare vita ma soprattutto aria”, racconta.
I due si trasferiscono all’estero e cominciano una nuova vita. “Non era facile per me dopo 10 anni di soldi facili, svegliarmi presto per andare a guadagnare 80-100 euro al giorno. Ma questa nuova vita sembrava volesse premiarmi. Era stupendo vedere il sorriso di mio figlio quando rientravo stanco da lavoro. Ma questa magia durò circa 3 mesi, perché la mia compagna mi disse di voler tornare in Italia per la nostalgia verso la propria terra, delle nostre usanze, della famiglia ecc. Decidemmo quindi di separarci per una vacanza, perché io, non potendo lasciare il lavoro, decisi di mandare solo lei con mio figlio. Gli accordi erano due settimane di vacanza, ma dopo queste due settimane la mia compagna mi chiese di tornare in Italia perché lei sarebbe rimasta lì. Ma io non volevo lasciare quel bel lavoro che avevo trovato, oltretutto volevo evitare di ricadere a delinquere, ormai il lavoro mi faceva sentire una  persona migliore, quindi cominciarono i litigi tra noi”.

Comincia anche minacciarla brutalmente a maltrattarla, atteggiamenti che si inasprirono quando scoprì la nuova relazione dell’ormai ex compagna: un errore fatale che gli costa un nuovo arresto, stavolta all’estero. “Mi cadde il mondo addosso”, racconta, “non avevo più un lavoro. Una famiglia, mio figlio, stavo in un carcere in una nazione a me sconosciuta, dopo qualche mese tempo di estradizione venni portato a Cagliari e dopo il primo interrogatorio sono stato rimesso in libertà in quanto non consisteva la pericolosità”.

Ritrova il lavoro e riesce d ottenere gli incontri protetti col figlio: una volta al mese tornava in Sardegna per gli incontri protetti: “Una sola ora in una stanza di 4×3, dopo il terzo incontro chiesi alle assistenti sociali di poter vedere mio figlio in una struttura più idonea, mi risposero che avrei dovuto già ringraziarli per avermelo fatto vedere. Sarò testardo sì, ma non sono mai stato una persona cattiva con i bambini e tanto meno con mio figlio. Decisi di contattare il mio legale per scrivere al dipartimento delle assistenti sociali sottolineando la mia richiesta di poter vedere mio figlio in una struttura idonea, dopo una settimana ricevetti una lettera che mi autorizzava a vedere il bambino in un aula di un asilo d’infanzia. L’incontro venne fissato per il 23 novembre 2017 e decidi di fare alcuni regali per il bambino, vestiario, giochi, cibi e dolciumi vari non acquistabili in Italia. Al mio primo cenno di consegnare i regali al bambino l’educatore si avvicinò e mi disse che mi era stato negato di dare dei regali a mio figlio accettai questa strana decisione presa dalle assistenti sociali. Finita l’ora dell’incontro protetto, salutai mio figlio, asciugai le lacrime e decisi di chiedere spiegazioni all’educatore, ricevendo questa risposta: “Io seguo solo gli ordini”. Andai subito dal mio avvocato che chiese spiegazioni alle assistenti sociali. Risposero io ero stato scontroso, minaccioso contro l’educatore e per tale motivo mi sospendevano gli incontri. Morale della favola dal 23-11-2017 io non vedo più mio figlio, ad ogni mia richiesta in tribunale segue la solita risposta: “il giudice dice che spetta alla madre del piccolo farmi vedere il bambino dove vuole lei, con chi vuole lei e quando vuole lei”. In poche parole, lei non trova nessuno di cui potersi fidare per farmi vedere mio figlio. Ho seguito un programma proposto dall’associazione che si batte per le donne che hanno subito violenza, ma non è servito perché il programma è stato sospeso perché ero l’unico partecipante”.
Segue un nuovo arresto. E ora ha pagato tutti i suoi conti con la giustizia. “Non ho più nessuna restrizione che mi vieta l’avvicinamento a mio figlio o la madre di mio figlio. Lo scorso settembre sono stato persino contattato dalla sua famiglia per cercare di aiutarla a risolvere un problema che stava complicando la vita   alla figlia e in quella occasione ho sperato di poter rivedere mio figlio, ma nulla. Oggi ho una nuova compagna, ma mi ritrovo ogni notte a stringere la manica della felpina di mio figlio per poterlo sentire vicino. Non mi posso giudicare un compagno modello in quanto so si aver sbagliato con la mia ex compagna, ma mi chiedo quanto debba durare questa condanna. Non ho ucciso nessuno, non ho mai fatto nulla di male a mio figlio. desidero troppo poterlo riabbracciare”.


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