Cagliari, la Settimana Santa fermata dal Covid: le solennità a Villanova diventano private

Le parole commoventi del confratello Scanu raccontate da Gianfranco Carboni: che tristezza il centro storico di cagliari senza le processioni pasquali


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Ieri. Solo un anno è trascorso ed è cambiato tutto nel ricordo di un confratello della Settimana Santa partendo alle 13.00 circa, come tutti gli anni. Oggi. Stranisce ma non ci sia nessuno in quel percorso e, le solennità nell’anno del Covid sono, per così dire, private. 

Una delle tre confraternite, quella di San Giovanni si trasferisce da sempre, arrampicandosi nell’antica rocca di Castello, nelle strette vie, per giungere sino alla Cattedrale in piazza Palazzo. 

Un ricordo indelebile nella mia memoria, mia madre faceva uscire tutti, dal bar di famiglia in piazza Carlo Alberto, un diktat assoluto: tutti fuori e zitti. Mercedes aveva ascendente e mandava gli avventori ad ascoltare i canti de “Is Cantoris”, che non potevano non fermarsi in “sa Prazitta”. Poi la processione proseguiva, per la via Lamarmora e “rientrava” nel rione di Villanova. I due quartieri sono stati sempre legatissimi e sicuramente questo legame deriva anche da questa antica tradizione. 

Marco della Confraternita, Gerolamo Chinedda, cari amici personali, insieme a tutti gli altri, oggi non saranno attesi nelle piazze e piazzette dei rioni dei quartieri di Villanova e Castello per cui lo ricordiamo con le parole di un confratello Stefano Scanu.

Gianfranco Carboni

Una piccola grande storia confratello Stefano Scanu.

“Qui, nel quartiere di Villanova il tempo è il padrone del gioco,

qui la vita scorre in fretta, troppo in fretta, senza che nessuno se ne

accorga. A Villanova succede così, il quartiere ha mutato aspetto,

colori, suoni, profumi; le case una volta curate mostrano i segni

del tempo, con le loro crepe, trasudano di umidità come fossero

lacrime di rimpianto per una perduta giovinezza. Le vie, i vicoli,

gli slarghi, si adeguano e mostrano anch’essi i segni dell’incuria dei

governanti, sono sparite le fontanelle che hanno visto passare

generazioni dalla fanciullezza all’età delle rimembranze della

vecchiaia. Ma anche la gente non è più la stessa, alcuni non ci sono

più, altri sono andati via per lavoro, son sparite quasi tutte le

vecchie botteghe artigiane, i pochi negozietti che ancora ci sono

assomigliano ogni giorno di più ai bazar orientali. Si è proprio così,

è tutto cambiato, il tempo corre veloce! Per le strade, una volta invase

da nugoli di ragazzini vocianti nei loro giochi semplici e antichi, non

si parla più casteddaiu, si sentono suoni di lingue di paesi lontani, spesso

sconosciuti ai pochi “biddanoesus” rimasti. Dalle porticine che si

affacciano sulla via san Giovanni escono un manipolo di bambini

asiatici o africani, sorridenti e giocosamente felici; le loro

famiglie sono il nuovo popolo del quartiere. Anche i profumi sono

cambiati, per strada non si vedono più “is cuppas cun su craboni”,

dalle abitazioni non si levano più gli odori di soffritto o gli atri profumi

tipici della cucina cagliaritana, per cui, a seconda del profumo che

scaturiva, si poteva individuare il menù di quella casa. Oggi l’olfatto

di chiunque si inoltri per le vie del quartiere è pervaso da aromi di spezie

esotiche, come i paesi di provenienza dei nuovi abitanti di Villanova.

L’aspetto più significativo è rappresentato dalla integrazione di questi

giovani uomini e donne con i vecchi abitanti del quartiere. I bambini giocano

tutti insieme, ma anche gli adulti vivono in armonia e rispetto reciproco.

Per molte signore di una certa età, che abitano ancora nel quartiere,

questi bambini, magari dagli occhi a mandorla e dal colorito un po’

più scuro del nostro (ma mica tanto), sono diventati e rappresentano

ormai i nipotini lontani o forse desiderati e mai avuti. Sì, Villanova

è proprio cambiata, ma conserva nei suoi pochi abitanti, il suo grande

cuore, l’amore verso il prossimo, il senso di accoglienza che è proprio

del quartiere e della sua gente. D’altronde non potrebbe essere

diversamente, le tante chiese e chiesette sparse per il quartiere sono

la testimonianza che in queste vie il messaggio cristiano è parte del

vivere quotidiano, pur con le ovvie miserie umane. La vita nel quartiere

si svolge lentamente, in silenzio, le strade sono spesso deserte, ma il tempo

su Villanova corre veloce, anche troppo. Ma c’è un momento in cui

succede qualcosa di straordinario, la macchina del tempo si ferma, anzi

sembra che torni indietro negli anni, …forse nei secoli: è Quaresima!!!  

“Cummenzant’is Cantoris”. Sì, come dopo un lungo letargo invernale,

il quartiere si risveglia, se avesse vene si sentirebbe il sangue gorgogliare.

Le vie si rianimano di gente, le case sembrano non avere più crepe

ma rughe di espressione, la pavimentazione stradale magari ti

riporta alla realtà, ma non c’è tempo per pensarci! Siamo troppo felici,

si ricomincia! Villanova risponde: Presente!!!!  Nella nostra piccola

grande chiesetta di San Giovanni, umile forse per molti, ma per noi

meravigliosa quanto la più ricca delle basiliche, ci si prepara.

È il giovedì dopo le Ceneri si riparte… ancora una volta. Grazie a Dio!

Il piccolo slargo antistante l’ingresso si popola via via, si arriva alla

spicciolata, ci si abbraccia, ci si saluta e ci si prepara a percorrere,

a Dio piacendo, una nuova pagina di questa avventura. Is Cantoris,

un manipolo eterogeneo di uomini di tutte le età, adulti, ragazzi e

bambini, si ritrovano per preparare i canti de Cira Santa, i canti

della Passione di Cristo e della sua Santissima Madre Addolorata.

Sarebbe tuttavia ingeneroso non ricordare che, presso l’oratorio

del Santissimo Crocifisso attiguo alla parrocchia di San Giacomo,

svolgono una attività analoga i cantori che dalla Parrocchia

prendono il nome.  Tornando a San Giovanni, l’Arciconfraternita

della Solitudine si prepara, lavorando alacremente per arrivare

all’appuntamento prefissato ormai da oltre quattrocento anni.

I Cantori si preparano con puntiglio, ci sono anche i bimbi dagli

occhi a mandorla ed altri ancora, ormai i ranghi sono quasi serrati, si

guardano, si stringono, talvolta discutono tra loro per una nota un po’

così, ma si sostengono e cantano. Loro si riappropriano del quartiere,

lo respirano, il quartiere si riappropria di loro, dei suoi figli. Sì,

è proprio così, perché moltissimi sono figli di Villanova, sono nati

tra queste vie e tra i vicoli, qualcuno in case che ormai non esistono

più, demolite in nome della modernità. E il canto si fa giorno dopo giorno

più forte e sicuro, si diffonde rimbalzando tra i muri delle vie strette e

arriva nelle case dove fa esclamare: “Làh! Ascurta, is cantoris”.

Il quartiere rivive un tempo andato, San Giovanni è come fosse l’ombelico

del mondo, è una iniezione di vitalità che si palpa nell’aria. La Pasqua

sta per arrivare e con essa l’apoteosi di Villanova. Is Cantoris hanno

quasi concluso le loro prove, sono pronti ancora una volta, le loro voci

sono sorrette anche da quelle di chi non c’è più e canta per l’Altissimo,

ma il Venerdì Santo e il sabato sono tutti presenti, nei cuori di tutti

gli altri, li senti e ti pare di averli al tuo fianco. Il Venerdì Santo,

la Processione, tra ali di folla che invadono l’angusto percorso,

i cantori sono pronti, Confratelli e non, le tante piccole macchie

bianche dei sai e dei cappucci riempiono la via, stanno per uscire i

simulacri…. Non si può sbagliare, non si deve…, non si sbaglierà.

La Processione si snoda lungo il percorso tra una moltitudine di

folla sempre più crescente di anno in anno, intervallata dalle preghiere

cantate dai cantori. L’emozione è fortissima palpabile, tra gli astanti e

tra chi partecipa, lo posso affermare con assoluta sicurezza per averla

vissuta ieri, come tuttora. Il quartiere è radioso, come una donna matura

cui abbiano all’improvviso restituito l’antico splendore dei vent’anni,

i balconi addobbati con lenzuola ricamate, le finestre spalancate a

mostrare ambienti fioriti multicolori, le strade brulicano di gente, molti

sono tornati come ogni anno per l’occasione, è una festa, è come fosse

tanto tempo fa. Il Sabato passa in fretta, troppo, deve essere la macchina

del tempo che ha ripreso la sua marcia. Non è ancora svanita l’emozione

per Su Scravamentu che è già scuro e si riporta il Cristo deposto nella

Sua chiesa in San Giovanni. Is Cantoris intonano gli ultimi canti, e dopo

l’ultima preghiera cantata si abbracciano augurandosi Attrus annus e più

di una lacrima solca i visi, un po’ per stanchezza, gioia di aver ancora

una volta completato un percorso di fede, ma anche con un velo di

malinconia per un’altra pagina che si conclude. Anche su Villanova scende

la malinconia, sa che si torna ai silenzi delle sue vie e dei vicoli, alle

musiche etniche, i profumi speziati, lo scorrere veloce del tempo, un altro

letargo; ma la macchina rallenterà ancora, e prima che torni primavera

questa piccola grande storia si rinnoverà. Così sarà finché Dio vorrà”   

                                                                                                                                                                                                                                                               

                                                                                   


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