Bocciata la legge sarda sulla cannabis, per i giudici è fuori dalle competenze della Regione

La corte costituzionale ha salvato solo la parte che riguarda la filiera dell’agroindustria e agroalimentare


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Via libera alla filiera agroindustriale e agroalimentare della canapa ma stop alla commercializzazione dei prodotti derivati dalla manipolazione delle infiorescenze. La Corte costituzionale salva a metà la legge sarda, bocciandone però la parte più innovativa perché, secondo i giudici, va oltre le competenze della Regione.

La norma, approvata ad aprile 2022 e impugnata dal governo Draghi, è nata da una proposta bipartisan che univa due testi proposti da Piero Maieli (Psd’az) e Alessandro Solinas (M5s) e riguarda la coltivazione della cannabis con un contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) entro i limiti previsti dalla normativa europea e statale, con particolare riferimento alla coltivazione e trasformazione nel territorio regionale e alla sua successiva commercializzazione.

Nello specifico il governo aveva evidenziato sei questioni di illegittimità costituzionale, nei primi quattro articoli della norma e nell’ultimo sulla copertura finanziaria. La Consulta ha ritenuto illegittimo il punto (all’articolo 3, commi i e h) in cui si inseriscono tra i prodotti ottenibili e commercializzatili dalla coltivazione della canapa anche piante intere, parti di pianta e rami freschi o essiccati e polveri derivate, ottenute dalla macinatura, vagliatura o setacciamento. L’inserimento delle cosiddette infiorescenze, per la Corte, va oltre il perimetro di competenza della Regione in materia di agricoltura e contrasta con le discipline statali in materia di coltivazione della cannabis.