Ha sottoscritto un contratto per la fornitura e l’installazione di un impianto fotovoltaico, più un contratto di finanziamento di 19990 euro, nel 2018, sperando di poter finalmente tagliare i costi dell’elettricità. Un pensionato 68enne di Villaputzu, Pietro Spanu, però, dopo meno di due anni, a marzo 2020, trascina davanti al giudice la Green Style Energie Rinnovabili spa e la Fiditalia spa. Il motivo? Non ci sarebbe stato nessun risparmio ma, anzi, costi comunque salati, per poter invertire la rotta si sarebbero dovuti attendere, forse, almeno venticinque anni e, come da perizia svolta da un esperto, i pannelli installati sul tetto dell’abitazione dell’uomo erano stati messi male. Lo scorso 25 settembre la sentenza, col giudice che da ragione al sessantottenne per quanto riguarda i punti legati alla stipula del contratto e alle peripezie e “danni” che ha subito sin dall’inizio del 2019. A raccontare nel dettaglio cosa sia successo è Simone Girau, presidente di Adiconsum Cagliari: “Il cittadino è stato abbagliato dalla falsa prospettazione fornita dall’agente della Green Style che presentava l’impianto fotovoltaico come idoneo ad assicurare l’autonomia energetica dell’abitazione e prospettava la convenienza dell’acquisto, nel senso che l’impianto non avrebbe avuto alcun costo poiché le rate del finanziamento contratto per acquistarlo si sarebbero ripagate tramite il risparmio energetico, le detrazioni fiscali e gli introiti derivanti dall’immissione in rete dell’energia prodotta. L’impianto, tuttavia, dopo essere entrato in esercizio il 20 dicembre 2018”, ricorda Girau, “in realtà ha prodotto ogni anno perdite economiche e, così, per tutta la durata del finanziamento di ben dieci anni. Accortosi dell’antieconomicità dell’operazione promossa dalla srl, già sanzionata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato per pratica commerciale scorretta ai sensi degli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 206 del 2005” In soldoni, “Spanu, assistito da Adiconsum Cagliari e dall’avvocato Alessandro Zotti, ha chiesto al tribunale di Cagliari di attuare la risoluzione del contratto di compravendita stipulato è, conseguentemente, la risoluzione del contratto di finanziamento stipulato con Fiditalia s.p.a. con il consequenziale obbligo in capo alla banca di rimborso delle rate versate”.
Il giudice Antonio Angioi ha dato ragione al pensionato dopo oltre quattro anni di battaglia: “Ha accertato che l’impianto fotovoltaico in questione certamente non corrisponde alla descrizione ben più favorevole fatta dalla fornitrice, siccome inadatto a soddisfare quella garanzia di economicità dell’investimento che l’acquirente, quale consumatore, poteva legittimamente attendersi in base alla presentazione del prodotto ed alla dichiarazione di esso nel contratto, incentrata in modo inequivocabile sui vantaggi economici della soluzione tecnologica proposta in proiezione, essendo impossibile il raggiungimento del risultato pattuito tanto nell’immediato quanto nel lungo periodo, così da escludere qualsiasi ipotesi di pareggio e qualsiasi pur minima convenienza dell’affare, per causa senz’altro imputabile alla fornitrice. Alla luce di ciò come richiesto dal consumatore ha risolto i contratti stipulati nell’ambito della medesima operazione commerciale, ritenendoli collegati. Non è giustificato il pagamento del corrispettivo di una prestazione obiettivamente non conforme a quella promessa al consumatore, così nemmeno si giustifica il rimborso di un finanziamento contratto esclusivamente per pagare quel debito”. Per Girau, “l’impianto fotovoltaico produceva ogni anno perdite economiche, e così per tutta al durata del finanziamento. Il risultato ottenuto dal nostro associato ci gratifica e ci conforta in attesa dei prossimi pronunciamenti per altri Ns assistiti che sono rimasti coinvolti nelle medesime operazioni commerciali”. Soddisfatto, ovviamente, anche l’avvocato Alessandro Zotti: “La circostanza che Spanu abbia sottoscritto un contratto di credito finalizzato per l’acquisto dell’impianto fotovoltaico ha consentito al medesimo di convenire in giudizio l’istituto di credito, che secondo il Tub deve rispondere in caso di inadempimento del dealer, venditore convenzionato,. Grazie all’anzidetta tutela il consumatore ha la garanzia di essere rimborsato da un soggetto solvibile qual è la banca che ha concesso il prestito, piuttosto che sperare nell’adempimento dei venditori che spesso si rivelano scatole vuote”.