Uta, sconforto per la morte di un detenuto di 36 anni

Il decesso per cause naturali


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“Sconforto nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta per la nuova tragedia avvenuta nelle prime ore del mattino di oggi. La morte di un detenuto però lascia sempre aperti tanti interrogativi anche quando le cause, come in questo caso, sono naturali. E’ inevitabile infatti domandarsi se potevano essere individuati segnali premonitori dell’evento”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento alla morte per arresto cardiocircolatorio, sopravvenuto a un’emorragia interna, di un detenuto, S.O. 36 anni, originario di Quartu Sant’Elena, ristretto dal mese di agosto nella struttura detentiva ubicata nell’area industriale di Cagliari.

“Le prime indicazioni fornite dal Direttore dell’Istituto e dai Medici, che si sono prodigati anche con il supporto del 118, per salvargli la vita – sottolinea Caligaris – fanno propendere per un arresto cardiaco. E’ evidente però che si tratta della quarta morte a poco meno di 12 mesi dal trasferimento dei detenuti da Buoncammino. L’episodio inoltre si è verificato a 48 ore da un nuovo tentativo di suicidio e a una settimana dalla morte di un ragazzo di 21 anni. Eventi slegati tra loro ma che devono far riflettere sulla realtà di una struttura dove è molto elevata la percentuale di tossicodipendenti con disturbi psichici per i quali sarebbe necessario disporre di strutture idonee al recupero ”.

“Il carcere di Cagliari-Uta, nonostante la buona volontà degli operatori e aldilà degli episodi imprevedibili, presenta aspetti molto problematici. Occorre apportare le indispensabili modifiche migliorative all’organizzazione sanitaria, non ancora adeguata ai bisogni, e rafforzare le attività trattamentali con particolare riferimento all’impegno che deve caratterizzare l’esistenza quotidiana dei cittadini privati della libertà. Resta irrisolto peraltro – conclude la presidente di SDR – il rapporto con il territorio. La Casa Circondariale, che ancora presenta deficit strutturali, è distante dal centro urbano ed è immersa in un ambiente malsano. L’isolamento non favorisce il reintegro sociale di chi ha sbagliato anche perché inevitabilmente i ristretti soffrono per l’abbandono. L’auspicio è di una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni e dei cittadini in modo da creare un circuito virtuoso per dare maggiore speranza di un effettivo recupero sociale”.


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