Una settimana intera di vacanza a scuola, quando incombono verifiche, scrutini, recuperi e interrogazioni, per celebrare una specie di festa di cui, diciamolo, non importa nulla a nessuno. Se non, appunto, per fare festa, senza neanche chiedersi perché. Ragazzi a casa, dunque, con buona pace delle famiglie, che per una settimana dovranno fare salti mortali per organizzarsi con i figli, perché per chi fa lavori al di fuori della scuola Sa Die è un giorno come gli altri. Giustamente.
E’ inaccettabile che proprio in un giorno in cui ragazzi dovrebbero stare fra i banchi a studiare che cosa significa Sa Die e che ricorrenza storica si celebra, restino invece a casa. I ragazzi sono chiamati a un rush finale importante, nel periodo per loro più delicato, e interrompere così a lungo un percorso è davvero deleterio. Come sottolineano anche alcuni insegnanti. Ma se Sa Die de Sa Sardigna è una data storica, una ricorrenza da ricordare e raccontare e insegnare, perché non farlo a scuola, durante le lezioni, spiegando ai ragazzi di cosa stiamo parlando? Con le scuole aperte, fra i banchi, facendo regolarmente lezione.
Invece, è l’ennesima occasione di propaganda e di soldi pubblici a pioggia per manifestazioni che hanno l’unico scopo di alimentare consenso. Anche a spese degli studenti, e dunque del futuro di una terra che sprofonda ogni giorno di più e nemmeno se ne accorge.