
Sono un ristoratore del Corso. Ho letto su Casteddu Online questa notte la notizia della morte di Pierre, che conoscevo personalmente. Ho il cuore spezzato. Sto chiudendo i conti della cassa, stasera abbiamo avuto sei clienti. A due non ho neppure fatto il conto, erano due pescatori amici di Sant’Elia, che domani come sempre mi porteranno i ricci freschi. Un tempo il mio locale era strapieno, dovevi prenotare per telefono persino il martedì sera. Oggi c’è questo gelo che ti entra nelle ossa, e non è solo climatico. Stanotte c’è stato il temporale, il centro storico di Cagliari era come un deserto. Trovavi parcheggio facilmente, persino in piazza Yenne. Eppure il weekend di solito cominciava il giovedì. Sono ormai tre anni che è cominciata questa crisi, se volete vi faccio vedere i numeri: non bastano neppure a coprire le spese. Il vero dramma in Sardegna è che l’edilizia è completamente ferma: significa che non lavora il muratore, non lavora l’elettricista, né il venditore delle case, né l’impresario. La verità è che a Cagliari sta scomparendo il ceto medio, esistono solo i poveri e i ricchi nel loro fortino blindato. Il resto lo fa la psicosi, la paura di spendere anche solo per una cena. Chi ha i soldi se li tiene, chi non li ha non riesce ad arrivare a fine mese.
Qui c’è un motore che non gira più, qui sono in panne anche le nostre speranze. Ho dovuto licenziare tutti i camerieri: ditemi come fa un commerciante oggi a Cagliari a mantenere un dipendente, che con le tasse ti costa minimo 2500 euro al mese. Sta diventando normale anche finire sul lastrico. Dicono che il turismo a Cagliari è in crescita, ma lo sapete che i croceristi non ci portano un euro? Mangiano a bordo delle loro navi, comprano solo qualche souvenir. Qualche abito griffato. Il turismo dura ancora solo tre mesi all’anno,ma non può bastare. Non c’è lavoro, non gira l’economia. Alla Marina tutti ormai propongono il menu fisso: mangi quella minestra, oppure salti la finestra. Sempre la solita pasta ai gamberi, non hai scelta. Chi propone un menu assortito e va ogni giorno al mercato a comprare il pesce fresco, vive ad handicap. Allora, la morte di Pierre non deve restare l’ennesimo gesto disperato e isolato. Ho sentito in tv le parole di Renzi: mi è piaciuto, ma in fondo a promettere sono bravi tutti, lo faceva anche Berlusconi. La nostra paura è che risollevarci non sarà affatto facile. Non sappiamo quanto tempo ci vorrà, conosciamo solo il tunnel. Qui il lavoro è crollato almeno del 70 per cento. Non è che mi lamento io, è che non c’è moneta. Perché se la gente non viene più a mangiare, significa che è in difficoltà, eppure tutto questo non fa più notizia. Il Corso pedonale non ci ha risolto i problemi, anzi li ha aumentati: quest’anno credo che l’esperimento non verrà ripetuto. Spiegatemi come si può lavorare in un centro storico dove non ci sono parcheggi: chi viene qui deve lasciare la moglie e i bambini per cercare un posteggio a un km di distanza. Nelle altre città moderne ci sono le aree pedonali, ma ci sono anche i grandi parcheggi interrati. E allora, io questa notte mentre abbasso la serranda sento l’umido che mi penetra nell’anima. Non è soltanto l’umido che arriva dal fronte del mare che ancora non sappiamo sfruttare. Volevo dirlo a tutti, che nel centro storico di Cagliari siamo disperati. Che questa notte non c’è nessuno in giro. Che siamo condannati al deserto delle idee. Domani riaprirò i battenti con la forza di sempre, non ho intenzione di arrendermi. Neanche a tutte queste facce tristi. Ma spiegate ai nostri politici che Cagliari in primavera sta diventando una città fantasma.