Le visite specialistiche e gli screening? Sono l’”arma” per scoprire in tempi rapidi un eventuale cancro per il sessanta per cento dei sardi. Il restante quaranta, però, si trova ad aver a che fare con un tumore quando è già in fase avanzata. E la probabilità di sconfiggerlo, in questi casi, si riduce drasticamente. I dati, preoccupanti, sono stati diramati dalla onlus Salute Donna, e riguardano Cagliari e tutta l’Isola. Un melanoma, un sarcoma o un ben più frequente tumore al seno: le cure esistono, ma manca da parte dei cittadini la giusta prevenzione. A confermare l’emergenza è Francesca Bruder: 53 anni, dal 1993 è oncologa al Businco di Cagliari: “I pazienti non aderiscono agli screening e, quando scoprono di avere un cancro, la loro prima reazione è di paura”. La stessa che li fa tenere lontani da medici e apparecchiature: “È un fatto culturale, manca ancora la giusta consapevolezza”, afferma la dottoressa. “Rivolgersi al Cup o sottoporsi a una visita urgente” sono metodi “sbagliati. La presa in carico di un paziente deve avvenire in tempi brevi”. E, soprattutto nell’ultimo periodo, l’asticella dell’età dei malati di tumore è ulteriormente abbassata: “Tra melanomi e sarcomi curiamo molti giovani, anche diciottenni”.
E, se le campagne di informazioni “sono un’arma vincente, tra Regione e associazioni i cittadini stanno avendo maggiore consapevolezza”, c’è il maxi problema delle liste d’attesa troppo lunghe. Le lamentele fioccano addirittura per un semplice day hospital, figurarsi per un intervento chirurgico. Sul punto, la Bruder è netta: “Ci sono troppi pazienti oncologici, la disponibilità dei chirurghi è limitata e non riescono a smaltire la lista d’attesa in tempi brevi. Molti devono attendere anche due mesi per fare un intervento”. E, pur di velocizzare la possibile “sconfitta” del cancro, c’è chi ripiega “sui privati o va fuori, in altre strutture”.