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“Sono disperato, non ho più i soldi e vorrei chiedere il buono spesa al Comune: però mi vergogno…”, storia di un sardo che soffre. “Ho una tristezza addosso che non potete capire, non ho paura del virus ma del dopo virus: la mia attività è chiusa, non ho più soldi per la spesa e per le bollette. Ma ho sempre lavorato, non ho mai chiesto nulla allo Stato, mi vergogno ora di doverlo fare. No, vado via”. Una confessione che addolora, quella di un uomo di 54 anni di un Comune sardo (che non nominiamo per tutelare la sua privacy), un racconto che fa capire il polso della situazione economica in ginocchio. “Qua rischiamo in tanti di morire di fame, io però non ce la faccio a mettermi in fila lì, tra tutte quelle persone che aspettano i buoni spesa o i pacchi alimentari. Ho sempre lavorato, ho sempre sostenuto la mia famiglia con le mie forze: mi sento imbarazzato”.
La sua è purtroppo una storia comune a molte altre persone: tanti piccoli commercianti che hanno dovuto abbassare le serrande e ancora non faranno parte neppure della fase due, quella che vedrà riaprire fabbriche e industrie. C’è ad esempio la storia di tanti noti ristoratori cagliaritani, sulla breccia da anni, che ora sono nella crisi più nera e non sono in grado di pagare gli affitti: basteranno i 600 euro del governo, basteranno gli importanti aiuti promessi dalla Regione, se probabilmente non potranno riaprire neanche sino a metà maggio, perdendo Pasqua, 25 aprile e Sant’Efisio? Sono i cosiddetti nuovi poveri, pare ad esempio che a Monserrato siano già triplicati: in realtà quanti saranno davvero? Rischia di bloccarsi anche la catena dei consumi, penalizzando anche quelli che ce la faranno a ripartire. In giornate convulse e frenetiche, dove i poveri consulenti del lavoro raccontano di essere subissati da richieste disperate di aziende ko, a volte ricevendo persino insulti loro, per colpa di una burocrazia che viaggia pericolosamente a rilento.
La stessa situazione riguarda i proprietari di hotel e bed and breakfast in tutta la Sardegna. Le migliaia di giovani che operano nel comparto stagionale del turismo, unico grande motore che spinge l’economia in Sardegna almeno in quei fatidici quattro mesi all’anno che si avvicinano senza certezze, anzi soltanto con molte ombre. In quanti non potranno lavorare quest’anno? E anche si, tutti quei piccoli operai e artigiani che per molto tempo sono stati costretti a lavorare in nero. E poi tanti negozi che potrebbero non rialzarla più, quella serranda. La vera sfida non è quella curva del Coronavirus che sta iniziando a calare fortunatamente, ma quello che si dovrà costruire nel dopo virus, quasi come dopo una guerra mondiale. “Non è che abbiamo molta scelta: o paghiamo l’affitto e il mutuo, o la roba da mangiare”, raccontano in tanti.
L’isolamento ha salvato la Sardegna dal dilagare dei contagi, ma può diventare un handicap se non sarà programmata una ripartenza veloce e proficua. Nelle prossime settimane Casteddu Online raccoglierà tutte le richieste di aiuto di chi vuole lanciare un appello per essere in qualche modo protagonista contro la crisi, per avere e dare un contributo alla ripresa. Per ora fanno piangere quegli occhi profondamente tristi, di quest’uomo che arriva sino alla porta degli uffici comunali e poi non ce la fa, si vergogna di mettersi in quella fila ufficiale della povertà, scene che pensavamo facessero parte solo dei vecchi film in bianco e nero. Per fortuna gli aiuti arriveranno lo stesso, alla sua famiglia. Una storia che ricorda parecchio quella del primo giorno di emergenza, quando a Cagliari un artigiano chiedeva ai clienti in fila davanti al supermarket di viale Marconi di comprargli una baguette. E ci sono molte altre segnalazioni che riguardano persone che si sono dovute fermare, che non stanno lavorando, e che vengono “indicati” dai Comuni che con grandi sforzi stanno cercando di dare una piccola mano d’aiuto a tutti. In questa situazione in tanti si trovano lì, al bivio tra la dignità e la disperazione. Ecco perchè il dopo virus sarà la sfida economica più grande che tutti insieme dovremo combattere. Se ci daranno le armi.