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Anche la seconda votazione è stata un trionfo di fantasia: hanno preso voti Claudio Baglioni, Enrico Ruggeri e Roberto Mancini. E poi di nuovo i super gettonati Alberto Angela e Dino Zoff. Immancabile Amadeus che, se il ritmo continuerà a essere questo, prenderà la linea per Sanremo direttamente da Montecitorio. Che sarebbe stata un’altra fumata nera era scontato: non sono serviti incontri e confronti, sono state bocciate le proposte del centrodestra (l’ex presidente del Senato Pera, l’imprenditrice Letizia Moratti e il magistrato Carlo Nordio), si sono spaccati i partiti al loro interno, in un tutti contro tutti in cui ognuno recita la propria parte. Alla fine, si sono contate 527 schede bianche, qualcuna in meno delle 672 di ieri. I più votati, con 40 e 39 preferenze, l’ex magistrato Paolo Maddalena e l’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Umberto Bossi ha preso 12 voti, 14 Rosato e 18 Cassinelli. Domani la terza votazione comincerà alle 11, e sarà l’ultima in cui sarà richiesta la maggioranza qualificata, perché da giovedì basterà la maggioranza assoluta.
E mentre nella Lega convivono poco pacificamente due partiti – Giorgetti e i governatori favorevoli a Draghi e Salvini e i salviniani che insistono col Draghi mai – la rosa dei tre nomi presentata nel primo pomeriggio è stato un flop, che non avrà una controproposta del centrosinistra. “Prendiamo atto della terna formulata dal centrodestra che appare un passo in avanti, utile al dialogo. Pur rispettando le legittime scelte del centrodestra, non riteniamo che su quei nomi possa svilupparsi quella larga condivisione in questo momento necessario”, si legge nella nota congiunta di Pd, M5S e Leu. In serata, scuro in volto e sempre più schivo con microfoni e telecamere, il segretario del Pd Letta: “La proposta è quella di chiudersi dentro una stanza, buttare via la chiave e stare a pane e acqua fino ad arrivare a una soluzione finale. Domani è un giorno chiave, giovedì serve il 51% e dobbiamo smetterla con il tatticismo. Dobbiamo chiuderci in una stanza e arrivare a una soluzione con un nome condiviso, super partes e senza forzature”, ha detto dopo l’incontro con Roberto Speranza e Giuseppe Conte.
A questo punto, mentre Casini sembra per ora sparito dai radar proprio nel giorno in cui è uscito allo scoperto pubblicando una foro da giovanissimo arringatore di folle democristiane, la via d’uscita più semplice sarebbe un Mattarella bis, anche a tempo per andare a fine legislatura, visto che l’ipotesi voto anticipato terrorizza non poco i parlamentari. Ma dall’attuale capo dello Stato è arrivato ancora una volta un segnale forte e chiaro sulla indisponibilità a proseguire.
Un pasticcio, insomma, con una situazione che si è complicata più di quanto si temesse, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa del governo, visti gli strattoni a cui è sottoposto Mario Draghi che, di fronte a veti e giochi di potere, potrebbe anche decidere di dimettersi da presidente del consiglio. Domani, per accelerare, si tenterà una doppia votazione: ma, senza accordo, saranno altri buchi nell’acqua.