Sdr: i farmaci col contagocce nel carcere di Uta

“Si stanno verificando significative problematiche per chi deve assumere antiretrovirali, antipsicotici, ansiolitici e antidepressivi”


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“I farmaci col contagocce a disposizione di Medici e Infermieri nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta stanno rischiando di far lievitare la spesa farmaceutica. La revisione della spesa insomma sembra essere un rimedio peggiore del male anche perché si stanno verificando significative problematiche per chi deve assumere antiretrovirali, antipsicotici, ansiolitici e antidepressivi”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, facendo osservare che “la questione è particolarmente delicata in quanto condiziona fortemente il controllo di disturbi gravi”.

            “La prescrizione di un farmaco – ricorda Caligaris – implicando la determinazione della quantità del principio attivo da far assumere al singolo paziente, è responsabilità primaria del Medico. La distribuzione in ore predeterminate spetta all’infermiere. E’ notorio quindi che le quantità d’uso dei farmaci richiedono figure di alta specializzazione. Nelle strutture penitenziarie, a causa dell’elevato numero di tossicodipendenti, il controllo è particolarmente attento anche per evitare che si verifichino abusi. In un periodo in cui gli occhi sono puntati sulla sanità soprattutto per ammortizzare il disavanzo, le Aziende Sanitarie Locali hanno promosso e adottato misure di contenimento della spesa farmaceutica. Un’azione ammirevole ma che se non opportunamente calibrata, può avere dei risvolti paradossali”.

“La presenza di almeno un responsabile della Farmacia in un Istituto come quello di Cagliari-Uta già con quasi 600 detenuti, può aiutare ad evitare gli sprechi garantendo però la costante presenza dei farmaci. Ciò permetterebbe anche di utilizzare al meglio i cosiddetti “generici” in sostituzione di quelli più diffusi e noti, benché per pazienti psicopatici o affetti da epatiti o immunodeficienze i farmaci siano specifici”.

            “Occorre infine ricordare che la condizione di perdita della libertà – conclude la presidente di SDR – non comporta la cessazione del diritto alla salute e alla cura. La vita dentro una struttura chiusa anzi accentua il malessere della persona. La situazione tende infine a peggiorare con l’invecchiamento. I detenuti malati insomma sono pazienti a tutti gli effetti e la responsabilità della loro condizione è in capo alla Azienda Sanitaria Locale di riferimento. Per quanto riguarda Cagliari-Uta quindi la ASL n. 8 e nello specifico la Farmacia Territoriale. La questione merita un’attenzione particolare specialmente per evitare che venga meno il rapporto di fiducia tra medico e paziente”.