Sardegna, nuove strade ferrate abusive spuntano come funghi in aree protette

La denuncia di Nicola Pech: ferrate abusive anche a Nebida, Porto Flavia e a due passi dal Pan di Zucchero


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

 

di Nicola Pech

Il 26 aprile 2016, Mountain Wilderness e il Gruppo di Intervento Giuridico avevano inviato una richiesta di informazioni sulla costruzione degli impianti sportivi Via Ferrata del Cabirol e gli itinerari di arrampicata sportiva posizionati in sua prossimità, presso la Grotta delle Brocche Rotte, ricadenti amministrativamente nel Comune di Alghero (SS).

Entrambi gli interventi sono situati completamente entro i confini dell’Area Marina Protetta e del Parco Regionale di Porto Conte, SIC e ZPS, in una delle aree più protette della Sardegna.

Le indagini e le risposte ricevute dagli enti hanno evidenziato che gli interventi sono completamente abusivi. Il percorso alpinistico Via Ferrata, di oltre un chilometro di lunghezza, è risultato concluso nel 2010, senza un progetto elaborato da professionisti e senza autorizzazioni ambientali ed edilizie, e tuttavia incrementato e modificato impunemente sino ad oggi.

Continuiamo a chiederci, con quale coscienza qualcuno entri in un’area protetta o interdetta, con funi metalliche e trapano e cominci a cementare centinaia di gradini ed ancoraggi liberamente, indisturbatamente, senza preoccuparsi se quell’area sia a rischio frana o interdetta, né se siano presenti delle nidificazioni di specie protette. È mai possibile che l’autore di simili gesti non si preoccupi di chiedere l’autorizzazione ai proprietari ma con tracotanza imponga la realizzazione delle sue opere di costruzione senza che le istituzioni reagiscano?

Ad aggravare la situazione si sono aggiunte le recenti rotture di ancoraggi lungo le vie di arrampicata e la Via Ferrata del Cabirol che portano a riflettere sul fatto che è mancata una progettazione adeguata nella scelta dei materiali e nella loro posa.

 

Purtroppo, in seguito ad ulteriori indagini, questo abuso si è rivelato solo la punta d’iceberg di una situazione ben più generalizzata. E’ emerso infatti che un altro impianto sportivo alpinistico, la Via Ferrata di Giorrè, Cargeghe (SS), benché finanziato con fondi pubblici, sia stato costruito senza alcune indispensabili autorizzazioni. L’itinerario infatti insiste su un’area cartografata ad elevato rischio di frana, classificata nell’inventario dei fenomeni franosi d’Italia (IFFI Sardegna) come soggetta a crolli e ribaltamenti, soggetta inoltre ad importanti nidificazioni di fauna selvatica. Nonostante questi vincoli ambientali, la ferrata è stata costruita senza la richiesta delle necessarie perizie e i nullaosta degli enti competenti, di fatto non assicurando la relativa sicurezza dell’ambiente e dei frequentatori.

 

In questi ultimi anni si sta assistendo al proliferare di nuove vie ferrate in Sardegna clamorosamente visibili e promosse sul web. Si tratta di installazioni realizzate su iniziativa personale, senza titoli e competenze e permessi. In aggiunta, quasi tutte le opere vengono realizzate in aree protette come quella dell’Isola di Tavolara, costruita nell’omonima ZPS e Area Marina Protetta, o quella nella parete sopra la miniera di Porto Flavia, costruita nel SIC di Nebida e nel Monumento Naturale “Pan di Zucchero e faraglioni di Masua”.

Questo nuovo “hobby all’aperto” rischia di trasformarsi in poco sicure e deturpanti installazioni fisse collocate in alcuni degli ambienti più belli dell’Isola.

 

Veramente vogliamo fare finta di niente e permettere che la Sardegna diventi terra di nessuno permettendo a chiunque, per malinteso senso del Turismo Attivo, di bucare e cementare in barba alle norme ambientali ed edilizie sotto gli occhi (chiusi) delle istituzioni? Chi pagherà il costo di eventuali danni alle persone, all’ambiente e bonifiche ambientali?


In questo articolo: