Un’ora e mezzo per andare e un’ora e mezzo per tornare, una volta al mese, per non perdere definitivamente la vista. Salvatore Meloni, 75 anni, nato in Puglia ma residente in Sardegna da tanto tempo, non ha alternative: i controlli e le iniezioni le può ottenere solo al San Giovanni di Dio. Dove arriva puntuale, traffico permettendo, e poi deve attendere. Oggi è arrivato poco dopo le 8:30, alle 11 è già fuori: “Due ore, più l’attesa”, spiega, prima di accettare di raccontare la sua situazione: “Devo fare controlli periodici e punture, mi faccio accompagnare da un amico”. Da Sant’Antioco. Posti più vicini? “No, la Sardegna è fatta così, tra poco non ci sarà nemmeno un pronto soccorso. Un disagio? Non lo dico solo io, l’Isola è questa, o la ami o la odi con tutti i disservizi che ci sono”. Ma sulla sanità, purtroppo, c’è ben poco da scherzare: “Ci sono troppi paesi piccolini, al Sirai di Carbonia”, cioè in un ospedale nettamente più vicino, Meloni non ci hai mai messo piede per un semplice ma, allo stesso tempo, triste motivo: “Lì non fanno ciò che mi serve, non c’è il servizio. Purtroppo lo stesso Sulcis è una zona molto isolata”.
E così, 168 chilometri al mese solo per curarsi, per poter continuare a vedere, seppur flebilmente, luci, colori e persone: “Tutti siamo costretti, qui, a vivere così”, aggiunge Meloni. “Non è che ad ogni paese ci siano dottori o strutture. La Sardegna, a differenza del nord Sardegna, non se lo può permettere”. O non se lo vuole permettere.