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“Cagliari è la città di cui abbiamo scelto di parlare, in relazione diretta con alcuni luoghi simbolo per la vita lavorativa nel passato recente, come il Porto, Tuvixeddu, la Manifattura Tabacchi, le Saline e il Parco di Molentargius”. Così Rita Atzeri per spiegare CAGLIARI/MUTAZIONE – Lavoro e ambiente, come cambia volto una città”, la stagione teatrale autunnale del Crogiuolo, di cui è direttrice artistica. E il prossimo spettacolo della rassegna parlerà proprio dei lavoratori e del lavoro nelle Saline. L’appuntamento è fissato per domani, sabato 17, e domenica 18 dicembre, alle 21, allo spazio Fucina Teatro della Vetreria di Pirri.
In scena S’ACQUA FATTA – Una storia di sale, lavoro e dignità, un lavoro originale con Rita Atzeri e Fausto Siddi, la regia e drammaturgia di Simone Schinocca, fondatore e direttore artistico di Tedacà, importante realtà teatrale e culturale torinese nata nel 2002, che coproduce con il Crogiuolo lo spettacolo.
“S’acqua fatta” è l’espressione che usavano i lavoratori delle Saline di Cagliari quando nell’acqua iniziava la precipitazione del sale dopo mesi di lento scorrere fra una vasca e l’altra e lunga evaporazione. Le Saline. Attive da centinaia di anni, un procedimento naturale che grazie all’acqua di mare, sole e vento portava alla creazione del sale e non solo. Gesso, metalli preziosi, sale inglese, bromo. Un lavoro massacrante dove “la manualità ti ammazzava”. Un lavoro che diventa anche un modo di dire: “Ti mando a lavorare in Salina”, per augurare qualcosa di male a qualcuno.
Anni 70. I lavoratori sono statali. Si accede tramite un concorso pubblico. “Il nostro spettacolo – spiega Schinocca – parte proprio da alcune interviste all’ultima generazione dei lavoratori del sale. Le storie raccolte, attraverso un percorso drammaturgico, diventano la storia di Nino e Greca. Marito e moglie. La festa della raccolta del sale è l’occasione in cui le loro vite si incontrano e si incrociano. Storie di sale, di lavoro, un lavoro faticoso, ma soprattutto storie di dignità. Un centinaio di lavoratori che vivono in un comune sentire, una comunità che condivide lavoro, vita, desideri, fatiche, lotte sindacali”.
E dopo secoli le Saline di Cagliari vengono chiuse. “Le ragioni sono confuse, incomprensibili. E con la chiusura si perde un’esperienza secolare, storie, valori, possibilità economiche, posti di lavoro, prospettive di sviluppo per l’intero territorio e la dignità dei lavoratori che hanno vissuto e lavorato alla Salina fino a quel momento “come se fosse una cosa loro”.
In “S’acqua fatta” si raccontano e incrociano storie. Che alternano ironia e commozione, che sembrano lontane nel tempo e sono di soli venti, trent’anni fa.
“Storie che conservano la loro forza così come il sale è capace a fare. Storie che bruciano come il sale sulle ferite. Storie che aiutano a ritrovare un vero “sapore” alla parola lavoro, troppo spesso svuotata di senso. Il lavoro non solo come luogo in cui poter recuperare le risorse per la quotidiana sopravvivenza. Il lavoro come costruzione del proprio essere, della società che ci circonda, di affermazione e costruzione della propria identità.
Ma cosa capita quando questo non avviene? Che cosa perde l’uomo? Che cosa perde la società?”