Sa Ramadura: nata per contrastare la cacca di buoi e cavalli?

Una bellissima strada di petali: ma a cosa serviva davvero in origine?


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Sa Ramadura ha assunto per l’immaginario collettivo l’aspetto di una bellissima strada di petali colorati che incorniciano una fase della sagra di Sant’Efisio. È anche un atto di omaggio nei confronti del Santo che scacciò via da Cagliari il morbo della peste proteggendo la città da guerre e altre sventure. Chiamata pure “infiorata”, sa ramadura – come la vediamo in TV – consiste nello spargere delicatamente per terra, con le mani, milioni di petali di rose preparate per l’occasione, scelte accuratamente. Ed accuratamente, questa scelta, è stata più volte ragionata. 

 
Gialli, rosa e rossi, i petali, da appositi cesti verranno fatti cadere anche oggi sul piano di calpestio prima che passi il cocchio del Santo. Sarà una magia che si rinnova: i lastroni granitici delle strade e il nero asfalto diventeranno una specie di tappeto colorato e profumato. 
Un modo di fare che rguarda Cagliari, Pula e altre località affinché al suo passaggio, il cocchio che trasporta la statua del Martire Efisio, il 1 Maggio, possa avanzare su un tappeto floreale. 
Ma è davvero questo il significato più profondo del rito de Sa Ramadura?  Probabilmente no. 
Anche la parola va distinta dal rito della “Infioritura“. Perché da essa è qualcosa di diverso. Non si tratta di quel che 
 leggiamo nel sito della Regione Sardegna, nella sua “Liberia digitale”. 
Sa Ramadura – che ancor oggi affascina – è molto più antica e in passato era ben diversa. “Ramadura” è un termine che deriverebbe da ramo, o da ramaglie… dunque è sinonimo del tagliare e dell’usare i rami. Già, e allora quali? 
Quali rami venivano scelti, e perché? 
RAMI DI ALLORO ad esempio e, soprattutto, di menta selvatica: erano profumatissimi e per questo motivo venivano posizionati in occasione delle processioni religiose, almeno le più importanti. Ciò avveniva un poco ovunque in Sardegna, lo sanno bene le confraternite religiose che si sono occupate di tutto ciò per secoli. IL RITO avveniva non tanto per un fatto estetico, non solo per voler creare “tappeti verdi” ed anche “colorati” al passaggio dei cortei, bensì per confondere, meglio ancora per alleviare l’odore predominante degli escrementi dei buoi e dei cavalli
Rami profumati contro gli escrementi delle grosse bestie usate per trainare il cocchio, o le traccas e così via. SU TROPPU STRUPIARA diveva mio nonno e così gli anziani: “il troppo storpia”; l’affermazione calza a pennello nel pensare a centinaia di cavalli e buoi portati in processione, che defecavano e urinavano qua e là durante la processione, seguendo il corteo. Del resto in passato avevamo più cavalli che auto, più bestie da campo che animali domestici da appartamento, ed ovviamente il cavallo era “il
Mezzo” utile per raggiungere anche le sagre e le feste religiose. Da molto lontano. 
UN DOCUMENTO. Esiste in tal senso un episodio curioso che ci riporta indietro nel tempo. Era il lontano 1671 quando un uomo, il signor Loi, venne incaricato di “accomodare il Passo de La Scaffa”, lingua di sabbia e terra, dotata di un ponte che consentiva di accedere a Cagliari superando la Laguna di Santa Gilla. 
Il signor Loi dovette infatti “accomodare il ponte pagando 4 scudi e finalmente, detto Loi” si dovette occupare “di tutta la ramatura che si farà nella città secondo costume”. 
Significa che questo rito era importantissimo, e non ha avuto sempre e solo a che fare con Sant’Efisio e con la sua bellissima sagra del 1656. Dato che il documento (Custodito nell’Archivio di Stato nei contratti) non cita Sant’Efisio né la sagra, ma una “antica consuetudine”, significa che era usanza sia per tale festa professionale e così per quelle del Corpus Domini, far largo uso di rami con essenze profumate. Magari con qualche petalo in meno e qualche fogliolina profumata in più. Anzitutto per smorzare, come detto, i cattivi odori e poi, ma solo in secondo piano, per un fattore estetico. Buone sagre e buon primo maggio a tutti dunque, all’insegna delle tradizioni che si rinnovano diversamente, pur sempre al passo con i tempi. 

Marcello Polastri

 


In questo articolo: