“Roberto Zanda? Is a really warrior”. Parole di fine contesa del lussemburghese Tun Mestre utili ad addolcire la più titanica delle imprese a cui un uomo potrebbe mai sottoporsi. “Il “vero guerriero”, a usare la stessa terminologia utilizzata dal suo tenace compagno di viaggio, ce l’ha fatta. Alle 3.31 in punto (ora italiana) l’extreme runner cagliaritano ha tagliato il traguardo della The Track, la ultramaratona di 522 km in autosufficienza nel deserto australiano. Commozione e ammirazione in piena notte si sono per qualche minuto uniti insieme quasi a formare un grido di battaglia capace di echeggiare fino alla sua amata Sardegna. “Sono distrutto, ho percorso gli ultimi 127 km in quasi 24 ore senza mai dormire nè fermarmi – ha fatto sapere con quel filo di voce rimasto il massiccione della Blue-Tribune una volta tagliato il traguardo – è stata una gara veramente dura, ho sofferto tantissimo per il ginocchio e per la contrattura al polpaccio ma alla fine ce l’ho fatta“. La soddisfazione si unisce alla gioia per l’arrivo quando si rivivono le condizioni estreme di quegli otto giorni e 522 km. “L’escursione termica del deserto australiano ha creato al nostro corpo enormi problemi d’adattamento – ha spiegato Zanda – c’erano 40 gradi di giorno e appena 4 la notte. Per me è stato un grande successo personale. Sono riuscito a portare la bandiera della Sardegna in mezzo ad altre 15 nazioni. Sono orgoglioso di quello che ho fatto e lo sono di me pure i francesi, che da giorni mi invitavano al ritiro per via delle mie precarie condizioni fisiche“. L’alleato, un concentrato di tecnologia realizzato ad hoc prima della partenza, ha svolto egregiamente il suo compito. “I plantari della Orthopedia sono andati alla grande – ha confermato Zanda – neppure io pensavo che potessero permettermi di scaricare in questo modo l’enorme peso che è gravato per giorni sugli arti inferiori“. Per gli amanti delle statistiche, anche se ciò che più conta è l’essere riusciti a tornare sani e salvi in Sardegna, Zanda ha chiuso la competizione in 95 ore e 36 minuti. Il più veloce nel poco nutrito gruppo di ironman mondiale (diversi i ritiri) è stato il tedesco Frack Reintjes, al traguardo dopo 61 ore e 23 minuti di cammino tra sassi e pietraie. “Ricorderò a lungo questa avventura – ha concluso Roberto Zanda – perchè è stata l’ennesima tappa di una carriera che mi ha reso ogni volta più forte“. L’impresa di Roberto sarà presto raccontata da uno speciale a cura di www.directasport.it.