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I ristoranti chiusi al pubblico alle 18, con la sola possibilità di lavorare d’asporto o con le consegne a domicilio, è uno scenario già bocciato dalla gran parte degli imprenditori, anche in Sardegna. Il gioco non varrebbe la candela, insomma. E anche in piazza del Carmine a Cagliari, davanti a centinaia tra ristoratori e camerieri seduti per terra, la Confcommercio alza la voce in modo netto. Alberto Bertolotti, presidente di Confcommercio Sud Sardegna, è netto: “Questa nostra giornata di sciopero non ce la paga nessuno, il fatto che tanti imprenditori abbiano deciso di sedersi in una piazza la dice lunga sulla febbre sociale che sta misurando il termometro del sistema-paese. Una febbre non legata al Covid, ma economica e che, nel lungo periodo, farà molti più morti del virus”, attacca Bertolotti. “Il Governo deve occuparsi anche della morte dellereda imprese, da oggi non ce la facciamo più. Se anche Solinas, oggi, decidesse di allargare le maglie del Dpcm e lasciarci aperti sino alle 23, il conto economico non torna lo stesso, stiamo vivendo un lockdown di tipo pratico. I ristori del Governo, fondo perduto e credito d’imposta, saranno una briciola, una goccia in un oceano”.
“Tutti gli indicatori e gli analisti hanno detto che la crisi del Covid è appena iniziata e durerà molto, sarà peggio dell’altra crisi generata nel 2009 dalla Lehman Brothers. Saremo ancora per un bel po’ con il c*** a terra”, così Bertolotti. “A Solinas abbiamo suggerito di estendere l’orario alle 23 ma di stare molto attento e capire se ciò non possa inficiare la possibilità di ottenere i contributi dallo Stato. Alla sua Giunta abbiamo anche chiesto di premiare con contributi a fondo perduto i ristoratori sardi che acquistano prodotti della filiera sarda della produzione e di cancellare l’odiosissima Irap, è assurdo penalizzare chi assume personale, possibilmente sardo, è inaccettabile”.