A una settimana esatta dalla prima seduta del consiglio regionale dell’era Todde, fissato per martedì 9 aprile alle 10.30, tutti i nodi sulla formazione della nuova giunta regionale restano dov’erano. Sale la tensione, la posta in gioco è pesante, il Pd – che ha accettato di candidare un’esponente dei 5 stelle rinunciando alla propria candidatura – non intende arretrare di un millimetro. Quattro assessorati, la vicepresidenza della giunta e la presidenza del consiglio regionale: le richieste sono chiare, l’unica trattabile è il quarto assessorato, per il resto varchi non sembrano essercene. Con buona pace delle dichiarate intenzioni di usare come unico criterio per la formazione della giunta l’alta competenza.
Ovvio che Todde, la cui candidatura è maturata a Roma grazie all’accordo fra Schlein e Conte, deve fare i conti con le aspettative dei partiti che l’hanno sostenuta, anche a costo di perdere pezzi come è successo proprio al Pd, con i fuoriusciti per protesta contro il metodo di scelta della candidata. Ancora più ovvio che il primo partito a cui dare conto è proprio il Pd, che fra l’altro è il più votato nell’isola dopo le elezioni del 25 febbraio. Nonostante le dichiarazioni ufficiali all’insegna della unità d’intenti, la tensione c’è eccome: qualche giorno fa, di fronte al pressing del Pd, la Todde avrebbe detto: “Le elezioni le ho vinte io”, riferendosi ai 40mila e passa voti in più presi rispetto alla coalizione. Un’affermazione che ovviamente non ha fatto altro che alimentare la tensione, tanto che il segretario del Pd Comandini, artefice dell’operazione Todde e unico blindato nel ruolo di presidente del consiglio regionale, alla prima occasione ha sottolineato che le scelte sulla giunta dovrebbero in ogni caso essere collegiali.
Resta poi il nodo della Sanità. Un settore che richiede altissima competenza, che va risanato e rimesso in piedi dopo anni di disastro assoluto. E su cui, rispetto ai nomi, nulla è deciso.