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Chi viene e chi va. Chi rimane? Il saldo migratorio, dopo decenni, è negativo: più emigrati che immigrati, ci stupiamo tanto e combattiamo contro mulini a vento, arrogandoci il diritto di non essere solidali poi i dati che ci dicono che più cittadini vanno all’estero di quelli che arrivano. La mia è stata una generazione fortunata, i nostri padri meno: sono, in gran parte, emigrati in continente o nelle miniere della Francia, del Belgio, in America.
Alle generazioni odierne sta capitando lo stesso: vanno via, spesso con forti motivazioni, spessissimo obbligatoriamente e ciò non è gradito e tanto meno ai parenti che vivono tutta la responsabilità di non aver creato le condizioni e le opportunità nella loro terra. E’ indiscutibile, se vogliamo parlare di Europa delle culture e delle nazioni, di cui ci riempiamo facilmente la bocca, siamo indietro con la realtà: chi vive all’estero gli Stati Uniti d’Europa li ha già definiti parlano più lingue, prevalentemente la lingua anglofona, hanno gli stessi interessi e non trovano difficoltà ad integrarsi. Avendo l’occasione di partecipare ad un ritrovo con 12 amici e amiche scopri che provengono tutti da stati diversi l’uno dall’altro.
Fanno esperienza, qualcuno “ce la fa” ed ha successo,altri sopravvivono, faticano con lavori umili sotto le loro capacità, aspirazione e studi. Non si rammaricano, pensano ogni giorno all’uovo fritto di cui non godono nel cielo azzurro – di media 360 giorni all’anno – mentre loro l’uovo possono si vederlo ma cucinandolo in tegame, infatti vedere il sole è un miracolo. Sarebbe magnifico avere i dati delle classi sociali, di chi parte con solidi legami e fondi e chi coraggiosamente parte all’avventura con annesse lacrime dei familiari di una generazione fortunata. Sarebbe bello comprendere chi oggi governa o/e ci amministra nella nostra nazione ed i nostri comuni, chi è rimasto nelle stanze del potere e grazie al potere. Perché, per la forza che dimostrano questi Intrepidi Giovani, dovremmo costringerli a rientrare e far di loro gli amministratori dell’economia e i determinatori del futuro dell’isola. Così non è, c’è chi va e purtroppo chi rimane si riempie la bocca e ci riempie la testa di fumose parole e uova sode – peraltro cotte male. Gianfranco Carboni