Il rogo che ieri ha ridotto in cenere il deposito di piscine della ditta Denotti, nell’area di uno dei canneti del parco di Molentargius è partito dal canneto o dalla stessa struttura? È la domanda che si fanno gli ispettori della polizia giudiziaria dei Vigili del fuoco, che hanno svolto un primo sopralluogo e hanno ufficialmente aperto un’indagine, cercando anche testimoni, e il Corpo forestale, che ha svolto un sopralluogo successivo a quello dei pompieri. Ciò che sarebbe emerso, sin da ieri, è che la porzione di canneto andata in fiamme sia irrisoria. Non solo: da una foto scattata con un drone dal fotoreporter Davide Mocci, si vede la distanza tra il deposito e la fila di canne sino all’acqua: le prime sembrano, ad occhio, intatte, a differenza del deposito. E, visto dove hanno colpito le fiamme, la possibilità che il rogo sia partito dalla struttura, ridotta in cenere insieme ai dodici stampi di piscine in resina che custodiva, è qualcosa di più di una semplice ipotesi. Ci sono delle indagini, appena partite: si è trattato di un rogo doloso o di un corto circuito? O le primissime fiamme sono divampate tra le canne? Solo ulteriori verifiche potranno fornire una risposta definitiva e chiara, sempre se sarà possibile scoprirlo, visto che il capanno è andato quasi completamente distrutto.
Le indagini sono aperte, come sanno benissimo ai vertici dell’Ente Parco e come sanno anche in Comune. Dietro il rogo che ha sprigionato una puzza di plastica bruciata talmente elevata che ha portato il sindaco Graziano Milia a firmare un’ordinanza-invito ai residenti della zona a chiudere per dodici ore le finestre delle case potrebbe esserci la mano dell’uomo. O potrebbe essersi trattato di un corto circuito. Intanto, lo stesso Milia pone un interrogativo: “È evidente che dodici piscine in vetroresina in un deposito non prendono fuoco da sole. E non si può pensare che le fiamme siani arrivate da altre parti, il canneto è stato toccato pochissimo. Bisogna porsi il problema, insieme alla Regione e allo stesso Ente parco, se sia ammissibile che ci siano delle costruzioni e attività simili nell’oasi”.