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di Paolo Rapeanu
Una parte del mondo che, geograficamente, è abbastanza distante da Cagliari ma che, a livello di fatti accaduti a cavallo tra gli ultimi respiri del 1700 e i primi quindici anni del 1800, è praticamente “dietro l’angolo”. L’ultima fatica letteraria di Pietro Picciau, giornalista, scrittore, commediografo, docente a contratto di “Teoria e tecnica del linguaggio giornalistico” all’Università di Cagliari e presidente del Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna, è “Il principe di Algeri” (293 pp, edito da Arkadia). Un romanzo corale di avventura che chiude una trilogia, iniziata nel 2016, con “Le carte del re” e “Il marchese di Palabanda”. Tra la fine del 1700 e i primi due decenni del 1800 il periodo storico, tanto ad Algeri quanto a Cagliari, è complicato. Il Congresso di Vienna del 1814-1815 mette un paletto deciso che va a bloccare la tratta e il commercio degli schiavi, gli Stati che lo accettano decidono di porre un freno e di smetterla di fare razzia di donne, uomini e bambini nei litorali, anche in quelli sardi. L’autore, Pietro Picciau, spiega ancora più nel dettaglio che “si parla della tratta degli schiavi, con molti pirati che all’epoca ci hanno abituato a compiere scorribande lungo i litorali sardi. Ci sono due personaggi guida, le spie francesi Delbac e Julien de Barras, figure inquietati, uno dei quali diventa agente segreto nella Francia rivoluzionaria prima e napoleonica poi. Il romanzo è un affresco sugli anni che ruotano attorno al Congresso di Vienna”.
Cosa c’entra Cagliari con Algeri? “La Cagliari di quei tempi è terra di personaggi che si ritrovano e organizzano la loro missione, andare ad Algeri a liberare uno dei personaggi catturato dai corsari nordafricani. Lì c’è tutto un mondo fatto di harem, odalische, anche eunuchi. Algeri e Cagliari sono città unite dai loro odori e dal loro fascino”, argomenta l’autore, “sono entrambe città mediterranee, all’epoca si respirava un clima di incertezza. Cagliari, a differenza di Algeri, non poggiava la propria economia sulla tratta degli schiavi. I problemi erano altri, come il colera, con il vicerè Carlo Felice costretto a lasciare insieme alla consorte la città, imbarcandosi in direzione di Napoli e lasciando campo libero a tanti personaggi”.
Ricerche, date da incrociare tra loro, verifiche da compiere: “Il principe di Algeri” è un libro che deve la sua esistenza alla curiosità di Picciau, “che non ha un inizio e una fine, si alimenta di continuo”. È frutto di “un continuo documentarsi, poi a un certo punto c’è la decisione di scrivere”.
Di seguito la trama del libro, come riportata sul sito ufficiale di Arkadia: “Il ritorno delle spie Delbac e de Barras in un’avventura ambientata nell’Europa della Restaurazione. Un’implacabile resa dei conti tra la flotta inglese di Lord Exmouth e le città-Stato del Maghreb infiamma il Mediterraneo nell’estate del 1816. A volere la fine della tratta barbaresca degli schiavi è l’intera Europa del dopo Napoleone. La Francia ha un interesse diretto che prevale su ogni altro: liberare dai terribili bagni penali di Algeri il prezioso agente parigino Julien de Barras. Per compiere la missione, il servizio segreto di Luigi XVIII si affida a uno dei suoi uomini più esperti e spregiudicati: l’ex corsaro Delbac. Coinvolto nella missione algerina di Lord Exmouth c’è anche il Regno di Sardegna, ed è proprio a Cagliari, capitale del Regno messa in ginocchio da un’epidemia di colera, che si prepara un attacco al cuore del potere sabaudo”.