Piero Schiavazzi, da venditore ambulante a grande tenore

Uno dei maggiori cantanti lirici del 1900, proprio a Piero Schiavazzi è stata dedicata la strada principale del quartiere Sant’Elia. 


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Mentre lavorava era  solito canticchiare dei brani di opere, un giorno venne sentito per caso dal direttore della scuola municipale di canto di Cagliari  che fu colpito dalla potenza e musicalità di quella voce, e scopri quel suo talento.

Schiavazzi nasce a Cagliari nel 1875 da una modesta famiglia e fin da ragazzo è costretto a lavorare per aiutarla e, per portare a casa qualche soldo, intraprende diversi mestieri come il venditore ambulante e il decoratore d’interni.

Mentre lavora è solito canticchiare dei brani di opere, un giorno viene sentito per caso dal direttore della scuola municipale di canto, maestro Giovanni Battista Dessì, che è colpito dalla potenza e musicalità di quella voce e lo sprona a studiare per migliorala.
Nel 1895 la sua prima esibizione in un concerto organizzato dalla società musicale cagliaritana che lo fa conoscere e gli apre la strada per una borsa di studio del Comune che gli permette di iscriversi al liceo musicale di Pesaro diretto dal maestro Pietro Mascagni: qui viene fuori il vero carattere di Schiavazzi, ribelle e poco adatto all’attività scolastica e alla disciplina.
Nonostante tutto, nel 1898 esordisce in un ruolo di secondo piano nell’Iris di Mascagni che va in scena a Roma in prima mondiale.
Non riesce però a completare gli studi e, prima di lasciare l’istituto pesarese, si esibisce nel 1899 nel saggio dell’anno scolastico interpretando con grande professionalità la parte principale dell’opera di Mascagni “Silvano”.
Qualche tempo dopo a San Giovanni in Persiceto ottiene un lusinghiero successo nella “Bohéme” di Puccini e poi in “Iris” sempre di Mascagni al Comunale di Ferrara: è il preferito del maestro livornese che gli affida l’esecuzione delle sue opere e persino la prima di “Amica”. 
Da quel momento Schiavazzi viene richiesto da diverse teatri delle principali città italiane compresi quelli delle piazze ritenute più importanti.
L’attività del tenore non ha soste e viene scritturato anche all’estero dove è ormai popolare e lui, sempre con la valigia in mano, passa dagli Stati Uniti alla Russia, all’Ungheria, al Portogallo all’Inghilterra, alla Svizzera, all’Egitto e ai vari paesi del Sud America mietendo successi, uno dietro l’altro.
Una carriera intensa che gli porta un logorio mentale e, soprattutto, della voce che non risparmia per un attimo e che già nel 1911 incomincia a indebolirsi.
Da quel momento, pur di continuare a cantare, Schiavazzi si accontenta di parti di secondo piano ed esibizioni in piccoli teatri che gli permettono solo di sbarcare il lunario.
Gli anni ’20 sono per lui un calvario ma cerca di reagire e si inventa impresario teatrale, apre anche una scuola di canto ma senza fortuna: la crisi finanziaria diventa pesante.
Si butta anche nel campo cinematografico e interpreta due film muti: è tutto inutile la sua parabola discendente sembra inarrestabile.
E’ un colpo terribile per lui, una volta popolare e conteso, considerato solo qualche anno prima uno dei più grandi tenori in circolazione con un repertorio di oltre cinquanta opere che interpreta con una maestria inimitabile ed è ricevuto da regnanti e capi di stato, osannato dagli spettatori in ogni angolo del mondo tanto che attraversa l’atlantico ben 38 volte. 
Nel 1931 interpreta a Cagliari la figura di Canio dell’opera i Pagliacci ma è ormai ridotto in miseria e, nel 1935, il Comune gli concede un sussidio per permettergli si sopravvivere.
Muore a Roma nel 1949 e le sue spoglie riposano nel cimitero di Bonaria della sua Cagliari


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