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Paolo Frau, l’assessore cementificatore. Così lo definiscono gli ambientalisti che ora contestano apertamente la giunta Zedda. E la definiscono quantomai amica dei costruttori, senza alcuna differenza con il passato. iLe associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra hanno inoltrato (5 novembre 2015) una specifica richiesta di informazioni ambientali e adozione degli opportuni interventi riguardo il cantiere edilizio aperto in Via Asti, in Comune di Cagliari, dalla Sole Immobiliare s.r.l. (Gruppo Cadeddu) per la realizzazione di due palazzi di sette piani ciascuno (altezza 22 metri) + parte interrata per circa 12 mila metri cubi di volumetrie complessive (zona BS 3* del vigente piano urbanistico comunale – P.U.C.), comprendente la viabilità di congiunzione fra Via Asti e Via Padova, nonchè la demolizione della “storica” Villa Putzu.
Coinvolti il Comune di Cagliari, la Polizia municipale, il Corpo forestale e di vigilanza ambientale e informata la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari. “Finora non è stata realizzata alcuna viabilità di congiunzione fra Via Asti e Via Padova- scrive Stefano Deliperi- con un indubbio aggravio della congestione ambientale e urbanistica gravante sulla Via Asti (strada chiusa) e le Vie contigue. Inoltre è stata demolita la Villa Putzu, nonostante fosse stata inserita fra le “ville storiche” con divieto di demolizione totale o parziale dalla deliberazione Consiglio comunale di Cagliari n. 16 del 27 febbraio 2012, adottata ai sensi dell’art. 5, comma 6° bis, della legge regionale n. 4/2009 introdotto dalla legge regionale n. n. 21/2011. Le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra hanno chiesto la verifica della legittimità delle autorizzazioni rilasciate e dellarispondenza delle opere a quanto autorizzato.
Ma oltre il catto specifico, è proprio la politica urbanistica a non convincere gli ambientalisti cagliaritani: “Al di là della legittimità o meno delle autorizzazioni, si tratta di un caso classico di speculazione edilizia cagliaritana- continua Deliperi- quella che ha prodotto la bellezza di 5.090 unità immobiliari residenziali non occupate (dati ISTAT, censimento 2011). Si tratta di una zona – nel quartiere di Bonaria – dov’è presente un costone classificato a rischio, dove già nel marzo 2006 si era verificata una frana, nonostante le relazioni geotecniche (1995-1996) escludessero qualsiasi pericolo.
Una zona ora classificata “BS 3*”[1] del vigente piano urbanistico comunale (P.U.C.), già destinata a “verde pubblico” di quartiere (zona “S 3 – servizi” nel vecchio P.R.G.), dove per anni è stata ubicata la depositeria comunale delle auto rimosse, a sua volta rimossa a suon di esposti ecologisti a causa dei reiterati fatti di inquinamento ambientale. Una zona dove, pezzo a pezzo, tutte le aree destinate a “servizi pubblici” (verde pubblico, ecc.) sono state consegnate alla speculazione immobiliare, fra una centrale ENEL s.p.a. di trasformazione dell’energia elettrica dall’alta tensione (150 kv) e palazzoni. Una zona già pesantemente congestionata dal traffico veicolare, davanti alla Fiera campionaria della Sardegna. Una zona dove, per completare l’opera speculativa, il Consiglio comunale di Cagliari, con deliberazione del 21 aprile 2015 (22 voti a favore, 6 contrari e 2 astenuti), su proposta dell’assessore comunale all’urbanistica Paolo Frau, ha approvato il “Parere preventivo, ex articolo 15 del Regolamento edilizio – ditte Tepor Spa e più – area in Cagliari sita tra la via Messina e la via Bolzano – Piano Attuativo sottozona BS3*”.
In buona sostanza, il Consiglio comunale si è espresso favorevolmente in via preventiva per l’ennesimo caso di speculazione immobiliare in città: 5 palazzi, 73 appartamenti, 3.600 metri quadrati di parcheggi interrati (a pagamento), 2.400 metri quadrati di verde pubblico e 3.593 metri quadri edificati su 6.000 metri quadrati di superficie complessiva.
Il piano attuativo dovrà comunque esser assoggettato a preventiva procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica (V.A.S.), tuttavia l’assessore comunale all’urbanistica Frau ha in proposito vantato il “proficuo dialogo tra Amministrazione comunale e i privati che lo hanno proposto, che ha portato ad alcuni importanti risultati tra cui una progettazione di qualità”. Follìa, si tratta di ottusa speculazione edilizia. Ottusa sotto il profilo ambientale, perché aumenta il carico edilizio ai danni di quel verde pubblico che doveva esser realizzato. Ottusa sotto il profilo imprenditoriale, perché finirà per aumentare gli appartamenti invenduti a Cagliari. Cagliari ha 154.478 residenti (all’1 gennaio 2015, dati ISTAT) e ne ha perso 13.402 dal 2001, pur avendo la bellezza di oltre 5 mila case non occupate, fra cui un notevole patrimonio immobiliare bisognoso di ristrutturazioni e risanamento. Si potrebbe fare un elenco chilometrico delle nuove iniziative edilizie rimaste invendute. E parecchi di questa miriade di interventi edilizi, spesso e volentieri di carattere speculativo, oggi sono invenduti e nemmeno affittati, con buona pace dell’aristocrazia mattonara della Città del sole. Cagliari non ha bisogno di nuovo cemento, non ha bisogno di ulteriore “consumo del territorio”, ha bisogno di case ristrutturate e di case a prezzi (acquisto, locazione) accessibili. Soprattutto ha bisogno di più alberi, più verde pubblico. Per ogni albero che, purtroppo, dev’essere rimosso, per qualsiasi causa, ne devono essere piantati dieci, possibilmente in prossimità dell’albero perso. Cagliari ha bisogno di un serio e realizzabile piano di housing sociale, per esempio nell’ex 68° deposito carburanti dell’Aeronautica militare dismesso da anni in favore della Regione autonoma della Sardegna (ben 6.500 mq. coperti di edifici ristrutturabili)[3], di una politica di incentivi per la ristrutturazione degli immobili e la dotazione ove possibile di impianti di produzione di energia da fonti alternative (pannelli fotovoltaici in particolare), di una politica di miglioramento qualitativo e incremento del verde pubblico, di un efficace accesso ai fondi comunitari per la riqualificazione delle aree urbane. Cagliari ha soprattutto bisogno, finalmente, della revisione del P.U.C. alla luce del piano paesaggistico regionale – P.P.R. (fondamentale passaggio anche per lasoluzione virtuosa della vicenda del Colle di Tuvixeddu), come previsto dalla legge e imposto dal buon senso, e, conseguentemente, della rivisitazione e approvazione definitiva del piano attuativo del centro storico (“piano particolareggiato del centro storico – zona A del Comune di Cagliari e della Municipalità di Pirri”), che non può certo essere il buco della ciambella (il P.U.C. revisionato) inesistente.
E Cagliari, capitale della Sardegna e della sua area vasta, ha bisogno di concertare la sua pianificazione urbanistica con i Comuni contigui, perché si eviti quella squallidamarèa di quartieri-dormitorio che sta sorgendo senza alcun criterio se non quello speculativo.
Se da un lato l’Amministrazione comunale cagliaritana – e il sindaco Massimo Zedda in prima persona – ha fatto bene a respingere la proposta di un vero e proprio nuovo quartiere a Su Stangioni[4], dall’altro – nonostante le più volte ribadite intenzioni da parte dell’assessore Frau – in quattro anni non ha fatto nulla di concreto per adeguare ilpiano urbanistico al piano paesaggistico regionale e affrancarsi dal pesante fardello mattonaro lasciato in eredità dalla precedente amministrazione Floris. A questo punto che cosa vogliono fare? Riempire Cagliari di nuovo inutile e dannoso cemento, come sembrano presagire le stesse dichiarazioni dell’assessore Frau? E dove sarebbe la differenza con il passato? Una soluzione ci sarebbe: un provvedimento consiliare di sospensione temporanea di ogni procedimento di nuova trasformazione edificatoria per l’avvio della redazione dell’adeguamento del P.U.C. al piano paesaggistico regionale – P.P.R., come previsto dalla norma.
In fondo i diritti acquisiti sorgono con il rilascio del permesso di costruire e il settore edilizio ben potrebbe dedicarsi alle tante, necessarie, ristrutturazioni. C’è un chiaro interesse pubblico a fermare l’ottuso consumo di territorio. Questa è una delle esigenze fondamentali di Cagliari”.