di Lidia Todde
Stasera si riunisce il consiglio regionale per la riorganizzazione della rete ospedaliera. Una riforma molto controversa e ingiusta nei confronti dei cittadini che abitano nelle zone disagiate e non solo. C’è da dire una cosa, noi che abitiamo lontani dal capoluogo avremo difficoltà enormi a raggiungere il primo Hub di pronto soccorso, ma anche per assistere i nostri cari negli ospedali cittadini. Abbiamo un ospedale ristrutturato a nuovo, due unici reparti: medicina e chirurgia, che offrono alla gente del luogo, e non solo, risposte di salute adeguate. Per i grandi interventi: cuore, testa, reni ecc, ci sono i centri di eccellenza, per tutto il resto c’era il reparto di chirurgia che ha sempre risposto alle emergenze e alla routine con perizia, evitando agli abitanti di questo territorio, e non solo, gli spostamenti a Cagliari.
Perché sopprimere un ospedale che funziona per crearne di nuovi e lasciare i territori abbandonati e sguarniti. Non pensate a centralizzare tutto ma dislocate i servizi in tutto il territorio sardo. Date qualcosa in più alle periferie e date ossigeno ai nostri ospedali, magari con qualche eccellenza. Che so: chirurgia del femore oppure del ginocchio in modo da portare anche indotto da fuori.
Per la chirurgia del femore si consiglia di intervenire entro le quarantotto ore. Invece portandoli a Cagliari restano in attesa anche sette dieci giorni. Adesso che è chiuso il Marino e i posti letto sono ridotti e accorpati altrove, dove troveranno posto i pazienti delle periferie con i pronti soccorso intasati e gli ospedali sovraccarichi? In questa riforma manca davvero l’umanizzazione delle cure, infatti i pazienti verranno trasportati da una parte all’altra come pacchi postali.
Appropriatezza, sicurezza e pari opportunità debbono essere garantiti a tutti i cittadini, sia che abitino a Roma o a Goni. In questa riforma si è costruito un grattacielo partendo dal tetto e non dalle fondamenta. Se la maggioranza recepisse le nostre preoccupazioni e il nostro sentirci in balia degli eventi, dovrebbe fare un passo indietro e dare davvero sicurezza e appropriatezza, non con un atto di forza ma con l’opportunità di poter scegliere il luogo in cui venire curati.