Fa il segno di “vittoria” con una mano, e ne ha tutto il diritto. Giannantonio Picciau, operaio 48enne di Dolianova, ha visto la morte in faccia ma, fortunatamente, ha potuto riaprire gli occhi e ritornare alla vita di tutti i giorni. Lo scorso 8 aprile il destino ha deciso di rimandare l’appuntamento di Picciau con l’aldilà. L’uomo si è sentito male in fabbrica, a Macchiareddu, è passato a prendere i suoi due figlioletti gemelli dalla scuola materna e, una volta tornato a casa, è stato colpito da un infarto e, successivamente, è andato in arresto cardiaco. È salvo grazie a un caso di buona sanità che, in Sardegna, va quasi cercato col lumicino, vista la situazione di caos legato a lunghe attese e cure in ritardo. Ecco, di seguito, il suo racconto-testimonianza.
“Era l’8aprile 2024, erano le 9 e stavo in fabbrica a Macchiareddu quando, rivolgendomi al mio capo, gli ho annunciato che sarei andato via prima dal lavoro per motivi personali. Alle 15 sono andato via, ho fatto una commissione e sono andato a prendere i miei due gemellini di quattro anni a scuola. Rientrato a casa, alle 17:30 ho accusato un forte dolore che partiva da entrambe le spalle e si concentrava al centro dello stomaco. Tra me e me mi sono detto che, magari, avevo mangiato di fretta e mi si era bloccata la digestione. Ho iniziato a sudare freddo e sono andato al piano terra dove vive mia madre per sdraiarmi sul divano. I dolori sono aumentati, sempre più forti, fino a causare vomito. Mia moglie ha chiamato il medico e il 118, e qui è iniziata la favola: l’associazione di volontari ‘Fraternità della misericordia di Dolianova’ è arrivata a casa mia in tre minuti e, dopo avermi fatto la Ecg e misurato la pressione, risultata ok, hanno controllato la saturazione, scoprendo che c’era qualcosa che non andava. Mentre mi accingevo a recarmi all’ambulanza uno dei tre angeli mi ha detto di tornare dentro perchè stava arrivando il medico del 118 con la medicalizzata. Mi sono sdraiato nuovamente sul divano e ho sentito il calore delle persone che stavano accanto a me, da mia moglie alle mie sorelle a mia madre sino ai miei due bambini. Soprattutto, avevo tre angeli con una divisa azzurra gialla fluorescente. Dopo qualche minuto di discorsi mi sono messo le mani dietro la nuca e ho detto che volevo riposarmi un po’. Ho sentito delle carezze nelle mani e nel volto. Poi ho riposato in pace per tre minuti e mezzo. Infarto con arresto cardiaco. Al mio risveglio mi sono trovato adagiato per terra con la maglia strappata ed il defibrillatore sul petto, e nuovamente quelle carezze e parole lacrimanti di gioia. Poi il calore di altre 50 persone intorno a me. In quel momento è arrivato anche il medico del 118, mi hanno caricato sull’ambulanza ed è partita la corsa all’ospedale con il dolore sul petto che non passava nonostante tre iniezioni. Ad attendermi in ospedale c’era un équipe nella sala di emodinamica che hanno effettuato un intervento di angioplastica. Il mio timore era più per l’essere stato portato al Policlinico di Monserrato anziché al Brotzu, ma lì mi sono dovuto ricredere”.
Sono arrivato al reparto dell’unità terapia intensiva cardiologica e ho sentito lo stesso calore che sentivo a casa, ma erano persone diverse, che non avevo mai visto prima tranne il giorno dopo, quando ho incontrato una mia compaesana. Più che curato mi sono sentito coccolato da tutti, poi sono stato trasferito nel reparto di Cardiologia e anche li ho trovato oltre alla professionalità di tutto il personale a partire dal più alto in carica fino agli Oss ed al personale delle cooperative di facchinaggio e tutti quelli che muovono quella macchina della medicina. Ho trovate persone di un’umanità unica ma soprattutto presenti. Non ho mai visto un volto con un’espressione sgarbata nonostante i turni massacranti. Non ho avuto occasione per ringraziare tutti quelli che ho incontrato in questa favola. Poi, essere circondati da persone, amici, parenti, colleghi, compari, comari, figliocci e tutti quelli che hanno speso del loro tempo con una telefonata o anche con un semplice messaggio, oltre a chi ha dedicato del suo tempo per venire a trovarmi, mi hanno dato ancora più forza. Mi ritengo fortunato a differenza che altri non ce l’hanno fatta, non posso non dire che il sistema ha dato il massimo, insieme alle persone che ci lavorano. Grazie a tutti”.