Obbligare la moglie a discutere è reato: lo dice la Cassazione

Il reato di violenza privata può manifestarsi secondo molteplici modalità, anche obbligando la moglie a discutere per ore di questioni familiari contro la sua volontà


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Il reato di violenza privata può manifestarsi secondo molteplici modalità, anche obbligando la moglie a discutere per ore di questioni familiari contro la sua volontà.

Violenza privata costringere la moglie a discutere per ore contro la sua volontà

Con la sentenza numero 42722/2017 del 19 settembre (qui sotto allegata), la quinta sezione penale della Corte di cassazione ha infatti confermato la condanna già inflitta dal giudice del merito a un uomo colpevole di aver posto in essere nei confronti della propria consorte un simile comportamento, riconducibile alle condotte di cui all’articolo 610 del codice penale

La vicenda

Tra i due coniugi, infatti, si era verificato un episodio di discussione, svoltosi in ambiente appartato e protrattosi per circa due ore, durante le quali il marito aveva impedito alla moglie di abbandonare l’accesa conversazione. Peraltro, l’uomo aveva condotto la donna nella stanza ove il diverbio aveva avuto luogo di punto in bianco, afferrandola per il polso.

Dinanzi a tale vicenda, il tentativo dell’imputato di appellarsi alla Corte di cassazione per veder ribaltata la sua sorte è andato in fumo.

Per i giudici di legittimità, infatti, nella sentenza impugnata non vi è stato alcun travisamento della prova, al contrario di quanto rilevato dal ricorrente, ma la Corte d’appello ha utilizzato per la sua decisione degli elementi che l’imputato non ha poi contestato nel ricorso.

Il marito aveva tentato di far leva anche su un presunto travisamento delle dichiarazioni rese da uno dei testimoni, ma pure tale censura è stata ritenuta infondata dalla Cassazione. Infatti, in concreto la condotta del reo che era stata descritta nel corso della testimonianza lumeggiava esattamente il contrario rispetto al senso che la difesa aveva tentato di dare alla deposizione e, peraltro, “nell’ambito del compendio probatorio assunto effettivamente la censura si fonda(va) su una valutazione di parte della rilevanza del narrato della teste … che non supera(va) l’implicita valutazione operata dalla Corte veneta di sua irrilevanza”.

La condanna è quindi confermata.

Corte di cassazione testo sentenza numero 42722/2017 

 

 

(FONTE STUDIO CASTALDI)