
In occasione dell’incontro odierno presso l’Assessorato regionale Artigianato, la CNA Alimentare Sardegna conferma le proprie perplessità sulla legge licenziata nel marzo scorso dal Consiglio regionale in materia di tutela della panificazione.
“La norma – afferma Maria Antonietta Dessì, responsabile della CNA Alimentare sarda – nasce con il nobile e condivisibile obiettivo di valorizzare il pane fresco e il pane tipico e distinguerlo da quello precotto, ma di fatto la sua attuazione si sta trasformando in un ulteriore aggravio per le imprese artigiane, così come abbiamo temuto sin dall’inizio”.
“Nei mesi scorsi, nel disorientamento più completo di imprese, associazioni ed enti pubblici, è entrato in vigore l’obbligo per i panifici attivi di comunicare tramite SUAP il nominativo del responsabile dell’attività produttiva, introducendo un ulteriore onere a danno delle imprese. Onere di cui non sentivamo francamente il bisogno – spiega Dessì – essendo questo aspetto già ampiamente normato a livello europeo”.
La CNA è critica anche sugli obblighi formativi per le nuove attività introdotti dalla legge. Non è infatti chiaro se la Regione si sia nel frattempo attivata per organizzare i corsi accreditati e gli ulteriori aggiornamenti formativi a cadenza periodica. “Se non verranno avviate delle azioni su questo fronte – commenta Maria Antonietta Dessì – coloro che devono avviare una nuova impresa di panificazione, saranno costretti a farlo disattendendo la norma oppure rinunciando all’avvio dell’impresa”.
Non è neppure chiaro come la Regione stia provvedendo all’attuazione del comma 5 dell’articolo 5 della nuova legge, secondo cui è fatto obbligo al venditore di pane precotto o congelato di esporre l’etichetta contenente la dicitura relativa all’indicazione del luogo di provenienza del prodotto e la ragione o la denominazione sociale del relativo produttore. Un passaggio che, secondo l’organizzazione artigiana, dovrebbe essere il fulcro di una legge che ha la pretesa di valorizzare il prodotto artigianale, distinguendolo in maniera netta da quello industriale e precotto, tipico della Grande Distribuzione Organizzata. Pane di cui spesso non si conosce la provenienza, né le modalità di trasformazione.
“La Regione sta lavorando in questi giorni sull’introduzione del contrassegno per il pane fresco prodotto e venduto in Sardegna e di questo siamo lieti, ma molti passaggi della proposta per la sua attribuzione alle imprese, sono poco chiari – commenta ancora Maria Antonietta Dessì -. Ad esempio manca ancora un vero e proprio disciplinare e un regolamento d’uso, che invece in questi casi sarebbero indispensabili”.
Il tema della valorizzazione del pane fresco – sostiene la CNA Alimentare Sardegna – andrebbe affrontato soprattutto con un supporto pubblico a consolidare i rapporti economici tra comparto primario regionale e operatori della trasformazione.
“Sono necessarie azioni forti di comunicazione affinché i consumatori comprendano la differenza tra i diversi tipi di pane e il pregio di quelli tipici – conclude Dessì esortando le istituzioni regionali ad agire sul piano culturale, ma anche su quello sanzionatorio-. E’ necessario intervenire non solo sulla facile confusione tra pane fresco e pane precotto, ma anche sulla concorrenza sleale e sui pericoli derivanti dalla vendita del pane da parte degli abusivi, il cui esercito si fa ogni giorno più folto: chi svolge l’attività di panificazione senza le necessarie autorizzazioni non solo arreca un danno ai produttori regolari con la sua concorrenza sleale, ma soprattutto provoca seri problemi alla sicurezza e alla salute pubblica”.