Nessuna traccia del rimpasto, non è bastato il faccia a faccia a Roma fra Solinas e Salvini

Giovedì scorso il governatore aveva chiesto ai partiti i nomi dei nuovi assessori, annunciando la nuova giunta a stretto giro. Invece è tutto fermo, nonostante l’input di Salvini con cui il grande amore è decisamente finito. Il centrosinistra, e in particolare il Pd, deve vedersela con la grana 5 stelle e il dilemma dell’alleanza, mentre da oltre un anno e mezzo il congresso per il rinnovo delle cariche è di là da venire


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Nessuna traccia del rimpasto, forse neanche nelle intenzioni nonostante l’annuncio pubblico della scorsa settimana dopo il faccia a faccia di Solinas con Salvini a Roma. Datemi i nomi e in poche ore i giochi saranno fatti, era il senso. Invece, non pervenuti né azzeramenti né rimpasti.

A 15 mesi dal voto per le regionali, a febbraio 2024, in Sardegna la maggioranza a guida Solinas deve vedersela con una tempesta politicamente perfetta. La giunta continua a perdere a pezzi, sono tre gli assessori che da settembre in poi sono usciti dall’esecutivo, i segnali di insofferenza in maggioranza di intensificano, il rimpasto ancora non si riesce a chiudere e l’alleanza fra Partito sardo d’azione e Lega, che consentì prima a Solinas di essere eletto in Senato e poi di essere scelto come candidato governatore, di fatto non esiste più. Lo certifica anche l’ultimo comunicato stampa di qualche giorno fa dopo l’incontro al ministero delle Infrastrutture: l’alleanza, che alle politiche ha preso il 6,5% alla Camera e il 7% al Senato a fronte del 23% abbondante incassato nel 2019, non è mai citata, le attestazioni di stima e fiducia reciproca fra Solinas e Salvini sono completamente sparite, nessun accenno al futuro se non un laconico compito a casa per ripristinare la giunta. Il grande amore fra Salvini, che attraverso l’alleanza con lo storico partito indipendentista era riuscito a conquistare consensi in Sardegna, e Solinas, che da mesi annuncia un rimpasto ancora di là da venire, sembra dunque al capolinea, nonostante quel “Noi crediamo solo in Savini” urlato dal governatore sardo a Pontida nel tentativo di recuperare i rapporti all’indomani delle tensioni per le candidature in parlamento, quando Salvini aveva dovuto cedere alle indicazioni del Carroccio.

Adesso Solinas, che da settembre ha perso l’assessore ai Trasporti, il dimissionario leghista Giorgio Todde, quello alla Difesa Gianni Lampis di Fratelli d’Italia passato in parlamento e la sua vice e assessore al Lavoro Alessandra Zedda, oltre al presidente della commissione Lavoro in consiglio, deve correre per il rimpasto, atteso da un anno e mezzo ma mai realizzato. Dopo aver annunciato l’azzeramento della giunta, il governatore aveva poi virato sulla verifica di maggioranza, sugli stati generali del centrodestra e sull’agenda delle priorità come passaggi preliminari al rimpasto. Ma da settembre, nulla è accaduto. Dopo l’incontro con Salvini, l’annuncio dell’ultima strategia: saranno i partiti a proporre nomi e curricula, ma non è chiaro se saranno semplicemente riempite le caselle rimaste vuote o se invece si procederà a una riassegnazione delle deleghe. Nel frattempo, Solinas deve guardarsi anche dai malumori interni al suo stesso partito, come dimostrano le dichiarazioni in aula dei consiglieri regionali del psd’az che sollecitano incontri di maggioranza e verifiche interne.

Della situazione di difficoltà del centrodestra potrebbe a questo punto approfittare il centrosinistra, che però ha a sua volta non poche grane da affrontare. Prima fra tutte, l’alleanza fra Pd e 5 Stelle: spinta dai Progressisti di sinistra, LeU in testa, viene frenata proprio dai dem, che da oltre un anno non riescono a celebrare il congresso per l’elezione del segretario e che, avendo preso decisamente meno voti dei pentastellati alle ultime politiche, in caso di alleanza dovrebbero cedere lo scettro della candidatura alla presidenza proprio ai grillini.

La settimana in corso dovrebbe dunque portare qualche novità nella vita politica della Sardegna. Con una certezza, che si registra forte e chiara nei palazzi della politica: nonostante tutto, salvo eccezionali colpi di scena, non si andrà a elezioni anticipate.

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