Monsignor Miglio parla della Settimana sociale di Torino

Non un’apertura alle coppie di fatto, ma una riflessione sul vero significato della famiglia


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È prevista da oggi a domenica a Torino la Settimana sociale dei cattolici italiani. Un evento molto importante che coinvolge questa volta molto più da vicino anche la Chiesa cagliaritana. Infatti l’Arcivescovo di Cagliari monsignor Arrigo Miglio è presidente del Comitato scientifico della manifestazione. Prima di partire per Torino ha formulato un messaggio pubblicato anche sul sito della diocesi di Cagliari. «Vogliamo parlare di famiglia come pilastro del bene comune del Paese – ha detto – e questa convinzione la vogliamo condividere in base al ragionamento, all’argomentazione, alla verifica dei dati che le varie scienze ci mettono a disposizione, in ambito economico, sociale, antropologico. Chiediamo di superare pregiudizi di tipo ideologico, per arrivare a comprendere che il bene della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e aperta alla vita diventa il bene anche di tutto il paese».

Per il nostro arcivescovo è chiara anche la direzione che questa settimana sociale deve prendere. «Vorremmo portare – ha scritto – in prima pagina quelle tantissime famiglie che non ci vanno mai, che vivono fedelmente il loro cammino, nelle difficoltà e nella gioia, che sono scuola di vita e educano alla speranza. Vorremmo anche essere molto vicini a tutte le famiglie che soffrono, a quelle che hanno conosciuto fallimenti e divisioni, per dire che l’amore di Dio non viene mai meno ed è capace di trovare per tutti vie di speranza».
Ha tenuto però banco in queste ore una presunta apertura dell’Arcivescovo alle coppie di fatto. Notizia che si è rivelata infondata. «Frasi staccate dal contesto e qualche titolo disinvolto rischiano di travisare il significato dell’intervento fatto da mons. Miglio a Torino alla presentazione della Settimana Sociale», ha scritto una nota della diocesi di Cagliari. «Più volte i vescovi hanno detto che i diritti e i doveri relativi a tali situazioni vanno regolati in base al codice civile e non equiparandole alla famiglia e questo non tanto o non solo per motivi religiosi o etici ma per motivi sociali, per le conseguenze e le ricadute sulla società e sul futuro del paese. Certamente – prosegue la nota – bisogna essere vicini a tutti, comprese le coppie di vario tipo, ma questo non significa equipararle alla famiglia come noi intendiamo».


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