Mario Perrotta in “Un bes – Antonio Ligabue”

Teatro Massimo 24 e 25 gennaio


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Mario Perrotta, già cofondatore del Teatro dell’Argine, interprete e autore caratterizzato da una vita artistica intensa e multiforme, propone al Teatro Stabile Sardegna – Teatro Massimo, la prima parte della trilogia teatrale dedicata al pittore Antonio Ligabue.

Il Progetto Ligabue che ha ottenuto il riconoscimento onorifico di Anniversario di interesse nazionale 2015 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ruota intorno alla figura di Antonio Ligabue e al suo rapporto con i luoghi che segnarono la sua esistenza e la sua creazione artistica: la Svizzera, dove nacque e visse fino ai diciotto anni; il territorio di Gualtieri (RE), sulle rive del Po, e le sponde reggiane e mantovane dello stesso fiume, dove produsse gran parte dei suoi quadri e delle sue sculture.

Mario Perrotta è una delle figure più interessanti del panorama teatrale italiano contemporaneo. Conosciuto a livello nazionale ed internazionale per il suo lavoro di Teatro Civile, ha raggiunto la notorietà grazie al monologo teatrale “Italiani Cincali”, dedicato agli italiani minatori in Belgio. Dopo essere passato in tournée da Gualtieri, si è “innamorato” del paese e della figura di Ligabue e a lui ha deciso di dedicare il suo lavoro dei prossimi tre anni. 

 

“Un bès… Dam un bès, uno solo! Che un giorno diventerà tutto splendido. Per me e per voi”

Provo a chiudere gli occhi e immagino: io, così come sono, con i miei 40 passati, con la mia vita -­ quella che so di avere vissuto -­ ma senza un bacio, Neanche uno. Mai. Senza che le mie labbra ne abbiano incontrate altre, anche solo sfiorate. Senza tutto il resto che è comunione di carne e di spirito, senza neanche una carezza. Mai. E allora mi vedo -­ io, così come sono -­ scendere per strada a elemosinarlo quel bacio, da chiunque, purché accada. Ecco, questo m’interessa oggi di Antonio Ligabue: la sua solitudine, il suo stare al margine, anzi, oltre il margine -­ oltre il confine -­ là dove un bacio è un sogno, un’implorare senza risposte che dura da tutta una vita. Voglio avere a che fare con l’uomo Antonio Ligabue, con il Toni, lo scemo del paese. Mi attrae e mi spiazza la coscienza che aveva di essere un rifiuto dell’umanità e, al contempo, un artista, perché questo doppio sentire gli lacerava l’anima: l’artista sapeva di meritarlo un bacio, ma il pazzo intanto lo elemosinava.

Voglio stare anch’io sul confine e guardare gli altri. E, sempre sul confine, chiedermi qual è dentro e qual è fuori.

Primo di tre movimenti che ruotano intorno alla figura di Antonio Ligabue e al suo rapporto con i luoghi che segnarono la sua esistenza e la sua creazione artistica: la Svizzera, dove nacque e visse fino ai 18 anni; il territorio di Gualtieri (RE), sulle rive del Po; le sponde reggiane e mantovane dello stesso fiume Po, dove produsse gran parte dei suoi quadri e delle sue sculture. Il racconto del conflitto a tre tra lo “svizzero” Antonio Ligabue, il suo paesaggio interiore e il paese di Gualtieri sulle rive del Po. Ma indagare Ligabue significa soprattutto indagare il rapporto di una comunità con lo “scemo del paese”, da tutti temuto e tenuto a margine e accettare lo spostamento che provoca una nuova visione delle cose, una visione “folle”, che mette a rischio gli equilibri di chi osserva, costringendolo a porsi la classica domanda: chi è il pazzo? Una riflessione sulla solitudine dell’uomo Ligabue, sul suo stare al margine, anzi, oltre il confine. Sulla lacerazione di un’anima consapevole di essere un rifiuto della società e al contempo un artista.


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