Maracalagonis, studi e approfondimenti per sbarrare le porte all’assalto indiscriminato delle multinazionali del vento

Scende in campo anche l’associazione “Giuseppe Di Vittorio”, costituita di recente che offre il suo contributo per la tutela del territorio. Il progetto di impianto eolico composto da 17 aerogeneratori della potenza di 7,2 MW ciascuno, per una potenza totale di 122,4 MWp


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Maracalagonis – Studi e approfondimenti per sbarrare le porte all’assalto indiscriminato delle multinazionali del vento: scende in campo anche l’associazione “Giuseppe Di Vittorio”, costituita di recente che offre il suo contributo per la tutela del territorio. Il progetto di impianto eolico composto da 17 aerogeneratori della potenza di 7,2 MW ciascuno, per una potenza totale di 122,4 MWp (alti circa 200 metri), da installare nei Comuni di Sinnai e Maracalagonis con opere di connessione nei medesimi Comuni e in quelli di Quartucciu, Settimo San Pietro e Selargius: “L’associazione “Di Vittorio” è assolutamente favorevole alla svolta green e alla sostituzione delle centrali inquinanti con forme di energia più compatibili con l’equilibrio dell’ambiente naturale; considera, però, inopportune le speculazioni energetiche e soprattutto i progetti calati dall’alto, senza accordi con i territori e le relative comunità interessate” spiegano i componenti. “Ritiene praticabili delle forme di democratizzazione dell’energia, mediante le quali i cittadini, eventualmente incentivati, producono l’energia bastante al loro uso e a quello della comunità; ciò è già previsto e realizzato in varie realtà italiane nella forma delle cosiddette “comunità energetiche”, abbattendo anche il rischio speculativo.

Per tali motivi, dopo un attento esame del progetto, l’Associazione “Di Vittorio” ha inviato via PEC al Sindaco, al Presidente del Consiglio e a tutti i Consiglieri del Comune di Maracalagonis, un contributo per poter rafforzare la propria contrarietà a questo progetto, con particolare riferimento all’allegato numero 45 (Studio del rischio archeologico),

presentato da ECOWIND 6 S.R.L. nell’ambito della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (PNIEC-PNRR) relativa al progetto stesso.

Queste osservazioni sono state inviate anche al MASE (Ministero dell’ambiente e della

sicurezza energetica), nell’imminenza della scadenza per le osservazioni di enti e privati (fissata per il prossimo 27 giugno) e alla regione Sardegna, per le opportune valutazioni”.

Nello specifico, l’associazione ritiene che “lo “Studio del rischio archeologico” redatto dalla dott.ssa Tiziana Rogoli e dal dott. Fabrizio Fabio”, parte integrante del progetto per la costruzione del parco eolico, “risulta essere: ampiamente incompleto; impreciso nei riferimenti di appartenenza di molti siti di interesse; impreciso nella definizione dei territori di pertinenza dei singoli comuni; basato su riferimenti bibliografici vecchi e superati; basato su cataloghi in alcuni casi inattendibili; limitato nell’analisi temporale alle sole epoche pre / protostoriche e romane, peraltro parziali. Queste vistose lacune presenti nel documento inficiano lo “Studio” sopra citato rendendolo insufficiente e

incompleto e facendo, quindi, decadere la ragione della sua presenza nel progetto.

A solo titolo di esempio, qui si accenna ad alcune inesattezze o mancanze.

Si sottolinea, innanzitutto, che l’area prevista nel progetto per installare le tre grandi e impattanti pale eoliche, tra Cuccuru Craboni e Cuccuru San Giorgio, ricade in un’area a forte antropizzazione e utilizzo nelle varie epoche fra la preistoria e il Basso Medioevo, attraverso l’epoca protostorica, punica, romana e bizantina.

Si tratta, quindi, di un’area che può a pieno titolo definirsi paesaggio storico, tutelato a partire dalla Costituzione (art. 9) fino alla Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico (1992,

ratificata dall’Italia con legge 29 aprile 2015, n. 57) secondo cui “Il patrimonio archeologico comprende le strutture, costruzioni, complessi architettonici, siti esplorati, beni mobili, monumenti di altro tipo e il loro contesto, che si trovino nel suolo o sott’acqua”.

Si parte dal sito di Cuccuru Craboni (erroneamente definito nella relazione “CUCCURU CABRONI” e descritto in maniera eccessivamente sommaria e incompleta, perché non basato sulla bibliografia specifica e aggiornata, oltre che logicamente scorretta, al cap. 27 p. 45 della relazione), tomba a camera di notevole

importanza e ampiamente studiata che ha visto frequentazioni dall’età preistorica fino a quella romana.

Come dice la stessa relazione, questo sito fa parte anche della cosiddetta “Via dell’Argento” ma, soprattutto, può considerarsi un nucleo generatore del villaggio di Mara (in epoca medievale unito a quello di Calagonis); nel Medioevo è citato in alcuni documenti col nome di Brunku d’Argillas.

È quasi superfluo sottolineate che si tratta di una collina di m 163 s.l.m., quindi i generatori eolici posti a poca distanza e con altezza decisamente superiore, impatterebbero visivamente sul sito in oggetto, oltre che sul parco ma, soprattutto, sull’intero paesaggio, compromettendolo per sempre; non va dimenticato

che quest’area è prossima al paese e ad alcuni edifici scolastici. Come specificato nello stesso progetto:

«Gli elementi più vicini agli agglomerati urbani distano circa 0,73 km dal centro urbano del Comune di

Maracalagonis (CA)…»; quindi, poco più di 500 metri!

Tutta l’area prevista dal progetto (tra Cuccuru Craboni e Cuccuru San Giorgio) fu densamente frequentata in

tutte le epoche storiche: oltre a quelle indicate nello “Studio”, sempre in maniera incompleta, talvolta inesatta, nonché poco esaustiva, è opportuno aggiungere che quest’area, insieme a quella contermine del

Comune di Sinnai interessata dal progetto proposto, fu di vitale importanza in epoca alto e basso medievale: qui insisteva la via di transumanza che permetteva alle greggi della montagna e del primo nucleo di Sinnai di poter raggiungere lo stagno Su Staini, un tempo pescoso e ricco d’acqua e recentemente

capace di ospitare anche una comunità di fenicotteri rosa. Questo dato storico, che fa del contesto un vero e proprio paesaggio storico tutelato dalle norme, è testimoniato soprattutto da documenti duecenteschi conservati presso l’Archivio Dipartimentale delle Bocche del Rodano di Marsiglia ma ampiamente conosciuti in letteratura (p.e. Blasco Ferrer Eduardo, Crestomazia sarda dei primi secoli, Nuoro 2003 e Nomi e toponimi. Sinnai nel Medioevo, a cura di G. Serreli, G. Soru, Dolianova 2010, con cartografia precisa ed

esaustiva) che sarebbe bastato consultare. A testimonianza dell’importanza di quest’area anche in tarda età romana e bizantina sono i ruderi della chiesa di San Giorgio, di chiara matrice dal menologio orientale e ancora citata in documentazione inedita del Basso Medioevo conservata presso l’Archivo de la Corona de Aragón.

Nei pressi e in comunicazione con quest’area sorgeva la Domestia Donnicellu Comidai, documentata tra XII

e XII e oggetto di feconde benché preliminari campagne di scavo negli anni ’90 dello scorso secolo dalla

Soprintendenza Archeologica.

Un’altra pala eolica è prevista presso Genna Piccia (“la piccola porta”), in prossimità di un’area omogenea,

un paesaggio storico, nel Medioevo caratterizzato dalla presenza di importanti edifici religiosi: San Lussorio (chiesa testimoniata da documenti archivistici dell’XI e XII secolo);

Santa Giusta di Calagonis (chiesa testimoniata da un inedito della metà del XIV secolo; San Cesello (loc. Santu Sesulu) ricordata nell’opera di Padre Salvatore Vidal (XVI sec.).

Appartenevano tutte all’importante villaggio di Calagonis, centro importantissimo e fertile nell’alto medioevo, unito a Mara nel Quattrocento e oggi area fertilissima con produzioni IGP e DOC.

Infine, il restante impianto sarebbe prossimo ai ruderi della chiesa di San Giorgio citata sopra.

A margine si possono rimarcare, a solo titolo di esempio, alcuni palesi refusi presenti nella relazione:

Il nuraghe Corongiu NON è Corongiu Maria di Nurri citato nella bibiografia!!!!

Si confonde il territorio comunale di Maracalagonis con «Il territorio comunale Cagliari ha un’area di 101,62

kmq, comprende la pianura in cui si trova il centro abitato e si estende, sino alla catena dei “Sette Fratelli”, ubicata a km 15 a est, proseguendo in una parte piano collinare, con sbocco al mare nel tratto compreso tra “Baccu Mandara” e “Torre delle Stelle”, a km 10 a sud-est dal centro di Cagliari» (pp. 7 e 8 dello “Studio”).

I riferimenti ai comuni di pertinenza dei beni culturali sono talvolta errati e, comunque generici; ad

esempio, come si può verificare a p. 12, nella quale i redattori affermano che “Sul sito del PUC di Sinnai (Fig. 7) sono segnalate solo alcune aree di interesse architettonico nelle città di Maracalagionis (Casa

Campidanese) e Sinnai (Chiesa Nostra Signora D’Itria e Vecchio Municipio) e …”. La chiesa medievale di

Chiesa Nostra Signora d’Itria è in Comune di Maracalagonis, nel centro del paese presso la parrocchiale; un Vecchio Municipio è presente sia nel Comune di Sinnai che in quello di Maracalagonis; la tipologia

edificativa-urbanistica della “casa campidanese” è presente in tutti i comuni del Campidano, ma con

notevoli differenze fra i vari comuni, soprattutto fra quelli di pianura e quelli di collina.

Insomma, visti i clamorosi errori presenti e considerata la parzialità dell’arco cronologico preso in esame nello “Studio” che provoca l’esclusione di periodi e monumenti successivi all’età romana, e nella fattispecie il periodo medievale durante il quale tutto il paesaggio storico della Sardegna si ridefinisce, si propone di rigettare il toto il progetto, anche alla luce delle norme che tutelano non solo i singoli monumenti ma

l’intero paesaggio storico.

Art. 9 della Costituzione della Repubblica Italiana: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la

ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

La Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico (1992, ratificata dall’Italia con legge 29 aprile 2015, n. 57) “Il patrimonio archeologico comprende le strutture, costruzioni, complessi architettonici, siti esplorati, beni mobili, monumenti di altro tipo e il loro contesto, che si trovino nel suolo o sott’acqua”.

Il Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137» e, in particolare, l’art. 28, comma 4, ai sensi del quale «In caso di realizzazione di lavori pubblici ricadenti in aree di interesse archeologico, anche quando per esse non

siano intervenute la verifica di cui all’art. 12, comma 2, o la dichiarazione di cui all’art. 13, il soprintendente può richiedere l’esecuzione di saggi archeologici preventivi sulle aree medesime a spese del committente».

Statuto della Regione Autonoma della Sardegna, artt. 4 e 5.

Infine, delle nuove norme in elaborazione che estendono a 7 km la distanza fra le aree considerate idonee dai monumenti identitari.

Si segnala, inoltre, che gran parte delle aree su cui, secondo il “Progetto”, dovrebbero sorgere gli impianti, sono soggette a coltivazioni, come vigneti e oliveti, da cui si ricavano prodotti IGP o DOC; oppure sono soggette a pascolo di ovini il cui prodotto finale sono gli agnelli (IGP) e il latte per la produzione del

pecorino (DOC). Tali impianti renderebbero senz’altro più difficili queste attività agricole e di allevamento,

colpendo in maniera pesante uno dei pilastri su cui si regge l’economia della comunità”.


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