Manifesto del Partito dei Sardi: “Cambiamo l’Isola partendo dal fisco”

Paolo Maninchedda e Franciscu Sedda hanno presentato oggi il manifesto del Partito dei Sardi: “Serve prima di tutto una gestione autonomistica delle entrate fiscali”


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Scritto a quattro mani,  “L’indipendenza della Sardegna. Per cambiare e governare il presente”, presentato oggi al Teatro Massimo di Cagliari, si pone come manifesto politico del Partito dei Sardi, fondato sull’idea di un indipendentismo e di una sovranità sarda non solo auspicabili, ma possibili. I due autori e cofondatori del partito nato poco più di un mese fa, Paolo Maninchedda, docente di Filologia Romanza all’Università di Cagliari e Franciscu Sedda, docente di semiotica all’Università di Roma, entrambi da sempre votati alla causa dell’indipendentismo sardo (il primo come ex esponente del Psd’Az, il secondo come ex Progres-Progetu Repùblica), guardano alla Catalogna e alla Scozia come esempi da seguire, dove nel 2014 si terranno i referendum per sancire l’indipendenza rispettivamente da Spagna e Gran Bretagna. Il punto di partenza, secondo Manichedda, è la gestione autonomistica delle entrate fiscali: “Il fisco italiano non è adatto alle esigenze della Sardegna, l’inadeguatezza dello stato nazionale in materia di redistribuzione delle entrate e la pressione fiscale hanno impedito dei normali processi di accumulazione della ricchezza che avrebbero garantito sviluppo nella nostra terra. Lo stesso discorso può essere applicato ad altri campi, come quello dell’istruzione e della riscossione dei rifiuti.” Tiene a precisare ancora Manichedda, in merito alle prossime elezioni regionali: “Per il nostro partito abbiamo voluto adottare un codice etico: chi è indagato non può essere candidato e, al di là delle questioni strettamente giudiziarie, chi percepisce uno stipendio da parlamentare europeo non ha bisogno dei rimborsi benzina”. I modelli negativi dei leader politici sardi? Non Lussu, ma Cossiga e Segni, che hanno portato la Sardegna all’interno dello stato nazionale. 

 

“E’ ora di sfatare il triste e poco veritiero luogo comune che i sardi siano pocos, locos y mal unidos” aggiunge Sedda. “L’indipendentismo è nella nostra storia, è nel nostro DNA. La nostra regione è già stata nazione, fino al 1848, quando si unificò con la Penisola e decretò la fine del Regno di Sardegna: decise di suicidarsi, come sottolineò lo stesso Cossiga. Il nostro è un grande progetto, ce ne rendiamo conto, ma dal punto di vista culturale abbiamo già vinto: 15 anni fa l’indipendentismo era associato a violenza, folklore, alla chiusura e all’incapacità di proporre progetti. Oggi noi poniamo il punto proprio su come sia concretamente possibile creare uno stato sardo, e in questo crediamo, consapevoli che una parte del percorso sia già stata fatta, ma che tanto resti ancora da fare.”