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La questione stadio per il Cagliari non sembra per nulla vicina a una conclusione, anzi. È sempre più un’odissea senza fine: le gesta eroiche di Ulisse nel viaggio di ritorno alla sua Itaca costituiscono un capolavoro della letteratura antica ma, in confronto, sembrano bruscolini rispetto alla vicenda Sant’Elia. La società rossoblù è sì tornata nello stadio cagliaritano (seppur con troppi cantieri di mezzo e con una capienza decisamente ridotta), ma ora rischia di essere sfrattata per l’ennesima volta da casa sua. Il Sant’Elia rischia, infatti, di essere sequestrato: la Clarin, società appaltatrice dei lavori, si è rivolta alle autorità giudiziarie per ottenere il sequestro dei materiali fin qui utilizzati per costruire una parte dello stadio cagliaritano (materiali che, secondo la Clarin e i suoi legali, non sarebbero stati pagati da Cellino), ciò che si tradurrebbe, ovviamente, in una chiusura della stessa struttura.
Grazie al preziosissimo reportage effettuato da Sardegnasport.com (nella fattispecie lo scoop porta la firma di Fabio Frongia, Matteo Sechi e Roberto Rubiu), possiamo venire a conoscenza di alcuni particolari sinora sconosciuti che potrebbero fare un po’ più chiarezza sull’accaduto, data anche la scelta di totale silenzio fin qui messa in atto in Viale La Playa e dintorni (che tuttavia si dichiara sicura delle proprie ragioni e tranquilla dal punto di vista giuridico). Ma andiamo con ordine.
In origine, il progetto che fece partire la collaborazione tra Cagliari Calcio e Clarin (società leader, in Italia e all’estero, nel suo settore) prevedeva una prima fase di smontaggio delle strutture di proprietà del Cagliari da Is Arenas e una seconda fase di montaggio delle stesse al Sant’Elia. La prima fase si concluse senza intoppi ai primi di giugno. Iniziò la seconda fase ma, a quel punto, intervenne il Comune di Cagliari, che richiese una modifica al progetto iniziale per far sì che fossero realizzate ulteriori vie di accesso e deflusso alle nuove strutture: lavori per i quali la Clarin, in sostanza, acquistò nuovi materiali per una spesa intorno al milione di euro. Ed è come sempre qui, quando si parla di grana, che nascono i problemi: fondamentalmente, la Clarin accusa la società rossoblù di essersi appropriata indebitamente di quei materiali senza che si sia formalizzato nessun passaggio di proprietà o anche solo un noleggio di quegli stessi materiali, nonostante le continue sollecitazioni in questo senso fatte pervenire a Cellino dalla stessa Clarin che, inoltre, denuncia di esser stata letteralmente buttata fuori dal cantiere (che, per legge, è di proprietà dell’appaltatore) a lavori iniziati, il 25 ottobre.
La Clarin ha a quel punto deciso di portare la questione in tribunale. È già stata fissata un’udienza per il 9 gennaio (data che scontenta la Clarin, che teme che i materiali in questione vengano fatti sparire da Cellino) nella quale la società appaltatrice chiederà appunto il sequestro dello stadio o di parte di esso. Prosegui la lettura