I sindacati della Fondazione Teatro Lirico di Cagliari ( Fistel-Cisl, Cgil, Snater, USB e CSS), nuovamente all’attacco, inviano un comunicato stampa nel quale denunciano lo stallo economico gestionale in cui si trovano in ostaggio il Teatro e i suoi Lavoratori.
“Il totale disinteresse sulle sorti del teatro e dei suoi lavoratori, ha portato all’inevitabile paralisi che temevano e denunciavano da tempo – scrivono le parti sociali – a seguito delle sentenze del TAR Sardegna i poteri tornano nelle mani del Presidente che al posto di mandarle urgentemente in applicazione, da settimane tiene in ostaggio, con il suo non agire, CDA e lavoratori.
Continua intanto la querelle tra Comune e Regione – prosegue la nota – sul mancato versamento da parte di entrambi dei contributi ordinari e straordinari per il 2013, fissato in 7.5 milioni. Ad oggi risultano incassati 4.5 milioni e altri 2 milioni sono in fase di accreditamento e si arriverebbe, entro Dicembre, ad introitare un totale di 6.5milioni. Mancherebbe un milione ma questa somma viene trattenuta alla fonte dalla Regione quale 1° rata sul contributo straordinario che ci auguriamo venga erogato alla Fondazione entro il corrente anno anche a fronte della trattenuta già effettuata.
Il contributo ordinario 2013 del Comune di Cagliari è di 2 milioni e 400.000. Ad oggi risultano incassati 400.000 euro. Questi ritardi nelle erogazioni dei contributi stanno ovviamente paralizzando il teatro: i lavoratori percepiranno lo stipendio di novembre in questi giorni, i debiti continuano a restare tali e la produzione stessa sarà fortemente compromessa.
Siamo convinti che per far ripartire il Teatro basti poco -concludono i rappresentanti dei lavoratori – e sia necessario imboccare e percorrere la strada indicata dal Tar e più volte da noi, in tempi meno sospetti, suggerita. Tergiversare o addirittura ritardare l’applicazione delle sentenze, non convocare il CDA, procrastinare la nomina del nuovo staff dirigenziale, mettere a repentaglio i posti di lavoro crea alla Fondazione un incalcolabile danno di immagine a livello internazionale con il conseguente e serio rischio di far morire l’ennesima realtà di una Sardegna già di per sé martoriata”.