L’ex Maresciallo Diana malato di tumore denunciato per vilipendio

Il comando militare ha denunciato l’ex Maresciallo Diana a seguito del video pubblicato sul web “Io sono vivo”, dove denunciava apertamente l’abbandono dello Stato dopo essersi ammalato di tumore a causa delle missioni in Kosovo e Somalia. Nei guai anche perché in casa deteneva marijuana.


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Marco Diana, l’ex Maresciallo dell’Esercito italiano ora in pensione, denunciato per vilipendio della Repubblica delle istituzioni costituzionali e delle forze armate. Il motivo? Il video pubblicato sul web “Io sono vivo” (ora eliminato) nel quale denunciava di essere stato abbandonato dopo essersi ammalato di tumore a causa delle missioni in Kosovo e Somalia dove era stato a contatto con veleni che poi hanno portato alla malattia con la quale combatte da 16 anni. Secondo le parole di Diana era stato dimenticato dallo  Stato che non contribuiva alle spese per le cure mediche.

Denunciata insieme a lui anche la sorella S.D, presente nel video e S.,M., 45enne operaio, secondo quanto comunicano i carabinieri del comando militare i tre hanno prodotto il video al fine di eludere la richiesta di sottoporre Diana a visita medica di controllo presso il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Cagliari  per autorizzare il rimborso richiesto di oltre 20.000 euro, spesi per l’acquisto di integratori. 

Nel filmato  e nelle varie pubblicazioni secondo quanto diffondono in una nota stampa ” manifestano apertamente disprezzo per le istituzioni accentuando consapevolmente con artifizi e raggiri lo stato di salute di Marco Diana per impietosire gli utenti web, convincere e ricevere la somma richiesta al Ministero della Difesa oltre che le donazioni spontanee sulla carta di credito appositamente aperta e pubblicizzata, oltre a voler attestare l’intrasportabilità per le condizioni fisiche.”

 Sono stati poi segnalati  per produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope poichè nel corso di una perquisizione domiciliare, il personale operante notava e fotografava delle fioriere di quelle comunemente usate per strutturare una serra per la coltivazione dello stupefacente creata internamente al capanno ( le quali pareti erano state rivestite di carta argentata per aumentare il riflesso della luce) delle immediate adiacenze della abitazione. Successivi accertamenti permettevano di acclarare che all’interno erano coltivate da circa sei mesi 20 piante di canapa indiana dell’altezza di circa quattro metri , tagliate e distrutte in tutta fretta il giorno precedente alla perquisizione.

 


In questo articolo: