L’esercito di commessi e cassiere sardi a casa per Pasqua e Pasquetta: “Le nostre famiglie valgono più degli extra”

Possono prendere 20 euro in più per lavorare nei giorni festivi, ma scelgono di incrociare le braccia e fuggire da carrelli e corsie. Ecco i lavoratori di market e discount che dicono “no” al lavoro nei festivi. Alessandro Mura di Cagliari: “La maggiorazione in busta non è eclatante, non faccio l’infermiere o il poliziotto”. Antonella Mocci di Carbonia: “Ho già dato gli anni scorsi, stavolta resto con i miei cari. Lavorare è una fortuna ma il lavoro non può togliere la possibilità di condividere con chi vuoi le feste”. VIDEO INTERVISTE. Cosa ne pensate?


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Venti euro in più nella busta paga per avere battuto scontrini, riempito scaffali o tagliato prosciutto o formaggio ai clienti a Pasqua e Pasquetta? “No, grazie”. Lo dicono sempre più commessi e cassiere della Sardegna. E, infatti, domenica e lunedì prossimi in tanti resteranno a casa. Non così tanti per fare abbassare le serrande alla grande distribuzione organizzata, ma tant’è. Il messaggio è chiaro: “Le nostre famiglie valgono più degli extra” Lo hanno già comunicato ai datori di lavoro e, insieme a Cgil Cisl e Uil promettono eventuale battaglia se dovessero arrivare “no” o note di demerito. Alessandro Mura ha 44 anni e lavora come cassiere e magazziniere da venti in un supermercato di Cagliari: “Gli anni passati ho lavorato a Pasquetta, Pasqua mai toccata. Non lavorerò perchè ci sono feste che meritiamo di poter passare con i nostri familiari e ritengo che ci siano delle situazioni e dei luoghi in cui può anche avere un senso garantire un certo servizio, cioè tenere i market aperti in luoghi a vocazione turistica”, osserva, “ma in realtà come Decimomannu, Ussana o Monastir le aperture sono inadeguate. Si potrebbe ideare una certa turnazione tra attività commerciali, nei giorni di festa l’incasso è relativamente basso”. C’è chi, anche stavolta, dirà che però chi lavora è fortunato e non deve tenere conto dei giorni rossi sul calendario e sforzarsi ancora di più: “Sinora l’ho fatto, ma non sono un infermiere o un poliziotto. Garantisco un servizio che non è indispensabile, rinuncerò a 16-20 euro, cioè la maggiorazione domenicale, nulla di eclatante e nulla che gratifichi la lontananza dalla mia famiglia”. Timore di rappresaglie dai piani alti?  “L’azienda sa benissimo che, pur facendo i suoi legittimi interessi, i lavoratori hanno la propensione a voler passare le fete con i familiari. Da ragazzino le attività commerciali chiudevano dal sabato sera al lunedì mattina, le persone si organizzavano per gli acquisti”.
Lavora in un discount, invece, Antonella Mocci, 41enne di Carbonia: “Da ventuno anni, ormai. Pasqua e Pasquetta a casa, per me, per stare con parenti e cari. Ho già lavorato in queste date in passato, la mia azienda mi fa scegliere senza forzature. Rinuncerò a venti euro”, prosegue. “È vero, lavorare è una fortuna ma nessuna occupazione può toglierti la possibilità di condividere i giorni di festa con chi preferisci. Altri miei colleghi lavoreranno, il servizio non mancherà. Dopo gli anni del Covid ora vorremmo noi una valvola di sfogo. Spesso sono stata disponibile con i colleghi anche per fare turni nei festivi”. Cioè le domeniche, soprattutto. Pasqua e Pasquetta, però, sono diventate “intoccabili”.


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