Legambiente attacca il nuovo Ppr: alto rischio cemento sui fiumi sardi

L’associazione ambientalista attacca le nuove scelte della Regione sull’urbanistica accanto alle coste e ai fiumi sardi: valutazione di imp’atto ambientale considerata inconsistente


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Legambiente ha presentato alla Regione un ampio documento di osservazioni alla valutazione ambientale strategica relativa alla proposta di nuovo Piano Paesaggistico Regionale 2013.

Legambiente Sardegna con il proprio comitato scientifico ha condotto un esame approfondito della procedura di VAS e propone una serie di osservazioni articolate.

In estrema sintesi, la VAS:

–   Avrebbe dovuto comparare con la necessaria chiarezza ed immediatezza le previsioni dei due PPR (2006 e 2013), sia per quanto concerne la normativa, sia per quanto attiene la cartografia e gli elenchi delle aree e dei beni tutelati, con la relativa disciplina. La VAS è proprio lo strumento istituito con la finalità di valutare gli impatti dell’attuazione dei Piani, e poiché il Piano vigente rappresenta l’opzione 0 rispetto alla nuova proposta, sarebbe stato necessario porre a confronto diretto e trasparente i due strumenti di pianificazione (quello vigente e quello proposto), onde leggere agevolmente le differenze di contenuto e di ricaduta ambientale ed effettuare le relative valutazione degli effetti attesi;

–   avrebbe dovuto prendere in considerazione altre opzioni che aumentassero il livello di tutela dei valori ambientali e paesaggistici, anziché diminuirlo, ovviamente dimostrandolo in maniera incontrovertibile, e non limitandosi a dichiararlo.

Tutto ciò, a parere della Legambiente, non è stato svolto per cui il Rapporto Ambientale risulta assolutamente insufficiente.  Questa valutazione scaturisce dall’esame complessivo della trattazione degli aspetti generali del RA.

Tutto il rapporto è condotto con un tono tranquillizzante che trascura e minimizza il reale contenuto delle Norme Tecniche di Attuazione del PPR 2013, soprattutto laddove queste consentono da una parte l’attuazione degli strumenti urbanistici previgenti al PPR 2006, dall’altra la nuova edificazione con indice 0,03 mc/mq in aree agricole, naturali, sub naturali, semi naturali e boschive con fondi minimi di un ettaro. In particolare, a questo riguardo, sarebbe illuminante che la VAS disegnasse una carta del territorio regionale con tutte le volumetrie extraurbane potenzialmente realizzabili sulla base del nuovo PPR, onde verificare la effettiva portata della norma in questione, e il relativo impatto paesaggistico sull’assetto rurale tradizionale e sulle vaste aree integre, che rappresentano alcuni dei fattori essenziali della identità regionale.

Per citare un esempio nel Rapporto ambientale si elenca, tra le direttive per la fascia costiera, quella di “orientare le nuove localizzazioni turistiche preferibilmente verso gli insediamenti urbani e su volumetrie esistenti da recuperare … favorire il trasferimento e lo sviluppo dell’attività turistica anche verso zone più interne”.  Ma appare evidente che il risultato del PPR, mediante le sue norme transitorie, sarà il ripristino dei vecchi piani che prevedono abbondanti edificazioni sul litorale; e per quanto riguarda specificamente la VAS, il Rapporto ambientale non spiega come sia possibile che quel fine dichiarato possa essere raggiunto dal PPR2013 e, in tutti i casi, non permette di prevedere in che misura e grazie a quali strumenti, considerando appunto che con le norme transitorie vengono riattivate tutte le previsioni previgenti al PPR 2006, incluse le lottizzazioni convenzionate in zone costiere.

Infatti le norme transitorie del PPR 2013 riesumano la possibilità di ripristinare strumenti urbanistici, di carattere generale o attuativo, previgenti al PPR 2006 e da questo “congelati”. La VAS avrebbe dovuto quantificare, con appositi indicatori di oggettiva formulazione, la misura delle volumetrie realizzabili, anche nella ipotesi di massima attuazione, nonché individuare le aree potenzialmente soggette ad edificazione, evidenziando il grado di potenziale alterazione di zone attualmente integre. Tale operazione avrebbe dovuto riguardare tutte le zone teoricamente edificabili, a norma di PPR 2013, dunque le zone B, C, D, E, F, G. Solamente una simulazione in tal senso, descritta e mappata, avrebbe potuto rendere valutabile l’impatto dell’applicazione e della attuazione del PPR 2013.  Si richiede di effettuare nuovamente la valutazione della coerenza interna risolvendo tutti i casi di palese contraddizione tra le finalità dichiarate e il contenuto concreto del PPR.

Ma se lo stesso Rapporto Ambientale viene esaminato alla luce degli eventi disastrosi della alluvione del novembre 2013 si rileva una totale inadeguatezza del RA con il complesso delle problematiche suscitate dall’evento calamitoso. Sulla questione dell’assetto idrogeologico e territoriale si riscontra una assoluta superficialità e nessuna trattazione delle conseguenze rispetto alle indicazioni contenute nelle NTA del PPR 2013, sull’insieme dell’assetto idrogeologico.  L’argomento è talmente sottovalutato che non esiste neanche una specifica scheda di analisi.

 In particolare l’evento devastante e tragico del 18 novembre 2013 con morti e distruzioni che hanno interessato 63 comuni, che interessano oltre 300.000 abitanti, ed un territorio esteso per un terzo dell’isola impone un drastico e robusto aggiornamento di tutti gli strumenti di programmazione territoriale.  Infatti occorre prendere atto che si verificano eventi eccezionali con effetti catastrofici ogni 4/5 anni, per cui quanto successo deve suonare come una forte campana d’allarme sulla gestione del territorio sia dal punto di vista urbanistico che di complessivo assetto idrogeologico. E’ necessario pertanto un maggiore rigore nella salvaguardia dei sistemi ambientali e in via prioritaria di quelli fluviali con l’estensione delle fasce di salvaguardia.

L’ultima alluvione in ordine di tempo ha investito anche la fascia costiera della Gallura colpendo pesantemente le città di Olbia ed Arzachena (le porte della Costa Smeralda) che erano state il simbolo del modello di sviluppo tumultuoso e caotico avviato negli anni ’60.  Le devastazioni provocate dall’alluvione dimostrano in maniera precisa che si era trattato di uno sviluppo incurante degli equilibri ambientali e fortemente compromissorio del fragile assetto idrogeologico.  Ma l’alluvione ha investito anche i compendi agricoli evidenziando l’elemento critico costituito dalle edificazioni sparse in agro.

Ma negli anni ’60 lo sviluppo della Gallura era stato assunto a modello per tutta la Sardegna, congiuntamente alla realizzazione dei poli industriali basati sulla petrolchimica e metallurgica di cui ora ci rimangono le macerie. L’alluvione ha spazzato via il modello di sviluppo turistico costiero caratterizzato dalla pesante trasformazione del paesaggio e dell’intero sistema territoriale, con la pratica cancellazione del reticolo idrografico. 

Allo stato attuale è necessario in via prioritaria aggiornare tutto la programmazione e nel frattempo imporre una precisa e rigorosa norma di salvaguardia della fascia costiera con il blocco delle nuove edificazioni e la riqualificazione dell’esistente.  

Per concludere, a giudizio di Legambiente Sardegna, il Rapporto ambientale della VAS è privo dei contenuti minimi che avrebbe dovuto possedere; su di esso non si può basare alcuna seria valutazione sugli impatti che il nuovo PPR avrà sull’ambiente e sul paesaggio.

 Pertanto a parere di Legambiente la Valutazione Ambientale Strategica è da considerarsi non compiuta e pertanto da riconsiderare globalmente. 


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