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“Mi vergogno a dirlo”, ma lo dice, e a chiare lettere, Antonello Cossu: “Campo grazie agli ottocento euro di pensione di invalidità di uno dei miei due figli. In famiglia siamo in quattro, mia moglie non lavora e l’altra figlia ha quindici anni”. Lui, invece, ne ha 56, e da trentacinque lavora all’Aias di San Vito. Non lancia nessun attacco all’azienda, Cossu, chiede solo chiarezza: “Se è vero che la Regione deve dare soldi all’Aias, che glieli dia, così potrà pagarci gli stipendi. Io devo riceverne dieci, sono operatore socio sanitario”, spiega, mentre il suo viso quasi si rabbuia. “Non si riesce ad uscire da questa situazione, il mio stipendio è di 1400 euro”, ma da quasi un anno, di quei soldi, il 56enne ne ha visto ben pochi.
“Soffro di problemi di salute, il nervoso mi sta consumando stomaco e fegato. Vado comunque a lavorare, nella speranza che questa storia si risolva. Anzi, si deve risolvere. È vero, molti miei colleghi hanno paura di esporsi”, osserva Cossu, “ma arrivati a questo punto, di cosa si deve aver paura?”.