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di Paolo Piu
“Siamo uomini della terra, abbiamo bisogno di amare il vento, la terra, l’acqua e l’aria”, ha detto Tlacuilo Arreola, un nativo del Messico appartenente alla nazione yaqui, che il 18 febbraio per quasi due ore ha intrattenuto il pubblico presente nella sala conferenze del teatro dei Salesiani a Selargius, sulla musica, le danze e la cultura tradizionale degli Aztechi. Organizzato dall’associazione culturale “Emozionamente”, evoluzione delle precedenti “Non solo Terra” e “Iktomi”, tra le prime in Sardegna ad affrontare lo studio degli argomenti relativi allo sciamanesimo e alle culture autoctone americane, ha organizzato uno spettacolo di musica e danze tradizionali, in preparazione a un seminario sulle tematiche portate avanti dall’associazione, di cui l’artista messicano è un esperto, oltre a possedere conoscenze specifiche sulle piante officinali e sul ruolo della musica come strumento di guarigione per lo spirito e il corpo. Nel corso della serata il danzatore ha spiegato il ruolo che il tamburo e gli altri strumenti della tradizione mesoamericana assumono nella cura delle ferite dell’anima e nel riequilibrio armonico del nostro essere. “Il tamburo di pelle, l’ocarina di terracotta, i sonagli di zucca, la conchiglia e i vari flauti in legno, costruiti secondo la nostra tradizione, sono vivi e ci aiutano a sanare i nostri mali, perché sono fatti con materiale naturale, che risuona con gli organi del nostro corpo. Il tamburo in particolare ha il potere di curare l’anima, purché sia suonato con la giusta consapevolezza.”
Già noto al pubblico sardo per la sua presenza a Barumini due anni fa in occasione di una mostra sui Nativi americani, nelle pause tra una danza e l’altra Tlacuilo Arreola ha spiegato il significato dei concetti fondamentali della cultura azteca: “Siamo guerrieri perché cerchiamo in questa vita di oltrepassare la materia per diventare spiriti. Per questo motivo la guerra che combattiamo è chiamata “fiorita”. Noi siamo anche aquile, orsi, lupi e coyote. Non cerchiamo di dominare la natura, ne siamo parte integrante anche se solo una piccola parte.”
Verso la fine dello spettacolo ha citato in lingua nahuatl (l’idioma parlato dagli Aztechi) le parole dell’ultimo guerriero di questo popolo valoroso: “Il nostro sole è nascosto, ci ha lasciato in totale oscurità. Riuniamoci, racchiudiamo i tesori nel nostro cuore. Nascondiamoci nelle nostre case fino a quando il sole non risorgerà. Che i genitori non dimentichino di insegnare ai propri figli di amare e rispettare la nostra terra, così la nostra gente vivrà in pace”.
Di particolare suggestione è stato il canto “Hunkaya”, che significa “mai più”, con riferimento all’inquinamento che la terra subisce quotidianamente e alle violenze che patiscono gli esseri più deboli. A essa ha fatto seguito la danza del sole, entrambe effettuate insieme al pubblico, entusiasta di questa condivisione e partecipazione. La serata si è conclusa con un ringraziamento alla Madre Terra, al Padre Sole e ai nostri fratelli e sorelle il vento, il fuoco e l’acqua, secondo la tradizione più autentica dei Nativi americani. Molte sono state le domande da parte dei partecipanti su come preparare la tintura madre con le erbe officinali, dove e come cogliere le piante di medicina e sull’effetto della musica come cura e riequilibrio psico-fisico. In tutti è stato forte il desiderio di poter rincontrare quanto prima il danzatore e curatore messicano, in occasione di un prossimo incontro su queste tematiche.