Latte rumeno meglio di quello nostro? Assurdo che a dirlo sia un sardo

L’opinione di Romano Satolli sul caso del latte rumeno e di quello sardo


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di Romano Satolli- Unione Nazionale Consumatori Sardegna

Ho saputo del sequestro del formaggio rumeno dalla stampa toscana, prima che dall’Unione. Telefonai subito ad un amico dirigente dell’ICQRF del Mipaaf, il quale non sapeva nulla, cosi come all’ICQRF di Cagliari e Sassari. Già da subito, però, immaginai che il latte provenisse dal caseificio dei F.lli Pinna di Timisoara, in Romania. Oggi leggo che era destinato al loro stabilimento di Thiesi. A parte la dichiarazione del titolare che il latte rumeno è migliore di quello sardo, per cui certe dichiarazioni gridano vendetta se pronunciate da un sardo, che ripete ancora una volta che non era un formaggio DOP e che non hanno mai importato latte rumeno in Sardegna, i nostri pastori ringraziano commossi. In occasione della costruzione del loro caseificio in Romania, scrissi che le mie parole non sarebbero state tenute in considerazione, laddove appariva la pubblicità del “Brigante” (guarda il caso di certi nomi!).
Scrissi allora, e ripeto oggi, che ci mancava altro che vendessero dalla Romania formaggi DOP sardi ottenuti da latte rumeno e bulgaro, ma chiesi perché quei formaggi venivano venduti con nomi italiani, invece che Rumeni! Non era una domanda oziosa!
Denunciai anche il fatto che quel caseificio in Romania era stato finanziato con i fondi del nostro Ministero dell’Agricoltura che poteva meglio investirli in Sardegna per aiutare i nostri pastori! Un altro fatto scandaloso era che in quei tempi il Pinna era presidente del Consorzio di Tutela del Pecorino sardo! Un difensore del nostro DOP che gli fa concorrenza con formaggi da lui prodotti in Romania, dove notoriamente il costo del lavoro e della materia prima sono notevolmente più bassi.
Ora leggo che la Coldiretti scende in piazza, con la solita sfilata di trattori e bandiere gialle, un’altra bella occasione di pubblicizzarsi davanti ai consumatori e dare un contentino agli allevatori incazzati che versano ogni anno la quota per essere tutelati. Poiché il pecorino di Sardegna DOP certificato è meno del 10% della produzione totale, perché non convincono i produttori ad aumentare la quota del certificato, e far capire che la DOP certificata non è una spesa, ma in grado di dare un valore aggiunto che remunera i loro sacrifici, convincendo i consumatori a scegliere solo quello certificato? Tra l’altro, il consorzio di tutela non ha nemmeno un ispettore che vada sul mercato a fare i controlli, cosi come fanno gli ispettori dei vari Parmigiano, Emmenthal, Caciocavallo, Fontina ecc.?
La questione del sequestro, a quanto pare, è stata superata, ma si poteva risolvere con una contravvenzione. La mancanza di etichette, come riportato dalla stampa, non era necessaria in quanto il formaggio era destinato ad un altro stabilimento e non al consumo. Era sufficiente una lettera di vettura con le caratteristiche del prodotto: formaggio di latte di pecora o pecorino da grattugia, per esempio.
Il Signor Pinna dovrebbe però spiegare ai consumatori che non credono più alle favole, per quali motivi questa partita di formaggio, invece di essere esportata direttamente dalla Romania, deve passare prima in Sardegna: forse per fargli prendere l’aria isolana? In vista del TTIP che il nostro governo si appresta a firmare e dare la mazzata definitiva alla nostra agricoltura, credo che questi nostri “capitani coraggiosi” siano quelli che avranno più da guadagnarci! Ho letto che oggi alla Sella & Mosca ci sarà un convegno sui formaggi DOP con tutto il gotha dell’industria casearia. Cosa dirà la nostra Assessora all’Agricoltura di questo fatto? Ci sarà anche il signor Pinna, quale maggior industriale dell’industria casearia sarda e rumena?


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