di Sara Panarelli
La Sardegna ripiomba nell’incubo. Dopo aver intravisto la luce in fondo al tunnel, dopo essersi illusa di essere a un passo dal traguardo, dopo sacrifici e rinunce, da questa sera l’isola precipita nuovamente nel buco nero della disperazione, schiantandosi violentemente contro un algoritmo. L’isola che del suo essere bianca aveva fatto motivo d’orgoglio, mettendo in campo una militaresca e capillare organizzazione per proteggere il prezioso traguardo faticosamente conquistato, dopo solo 3 settimane deve arrendersi a un doppio salto che la fa finire dritta in zona arancione. Perché, al danno di dover richiudere tutto, si unisce anche la beffa del decreto di Pasqua che ha abolito completamente le zone gialle. E se fino a ieri tutti gli sforzi erano concentrati nel mantenere la zona bianca, unica in Italia, da lunedì l’obiettivo sarà quello di uscire dalla zona arancione. Prima possibile, un’altra volta.
Il commissario dell’Ats, Massimo Temussi, nel pomeriggio aveva fatto chiaramente intendere che la strada era tracciata, per quanto quasi incomprensibile: un unico parametro, su ben 21 che vengono tenuti in considerazione nell’assegnazione del colore, è costato ai sardi la libertà. “Gli altri parametri sono molto positivi, tutti, ma purtroppo anche se è assurdo funziona così”, dice rassegnato Temussi. Anche l’assessore della Sanità Mario Nieddu aveva lasciato capire che ormai la battaglia era persa: “Decide l’algoritmo”, aveva ricordato all’ora di pranzo. Chiaro che, da Roma, i segnali erano già arrivati forti e chiari.
In una sola settimana, dall’8 al 14 marzo, l’isola che per proteggersi ha imposto tamponi all’ingresso in porti e aeroporti e vietato l’accesso alle seconde case a chi arriva dal resto d’Italia, con tanto di legittimazione del Tar, ha fatto tutto da sola ed è passata a un Rt maggiore di 1 (1.08), e una classificazione del rischio complessivo che passa da basso e moderato. Fatali sono stati i focolai, con le conseguenti zone rosse, prima in tre comuni del sassarese (Bono, La Maddalena e San Teodoro), poi a Sindia nel nuorese e infine a Sarroch nel sud Sardegna. Terribile l’incidenza delle varianti, quella inglese prima di tutto, entrata con un militare della brigata Sassari di rientro dalla missione in Libano.
E dunque, l’isola felice finita su tutte le tv e i giornali nazionali e internazionali per essere riuscita nel miracolo bianco, invidiata perché anche una cena al ristorante o un aperitivo sono diventati un lusso ambitissimo, deve nuovamente fermarsi. Tutti a casa, si esce solo con autocertificazione e una sola volta al giorno. Ristoranti e bar chiusi, solo asporto e naturalmente niente palestre, piscine, cinema, teatri e centri commerciali nel weekend. Il coprifuoco, che era stato comunque tenuto ma allungato alle 23.30, torna alle 22. Insomma, tutto come nei momenti peggiori. Non sono bastati i test, le ordinanze, i controlli, l’aver ascoltato le proteste dei sardi che invocavano chiusure e sbarramenti e gli appelli trasversali della politica a blindare i confini. Non sono bastati, evidentemente e soprattutto, neanche gli appelli ininterrotti alla prudenza e a tenere comportamenti prudenti. Sono mancati, sicuramente e prima di tutto, controlli seri e severi. Non sono bastati i ristori, tanto da aver indotto qualcuno a violare le regole per portare a casa la pagnotta. E quel “abbiamo fatto il massimo” fresco di conferenza stampa del premier Draghi non rassicura per niente.
Il presidente Christian Solinas, che della sardegna voleva fare un modello nazionale, ha firmato neanche 48 ore fa l’ordinanza per stoppare l’invasione dei turisti con l’obiettivo di mantenere la zona bianca, ordinanza che comunque resta in piedi per provare a salvare il salvabile. Stasera, fra speranza e disillusione, e nonostante si avesse nelle ultime ore la sensazione di camminare sul filo del rasoio, la doccia fredda che nessuno si aspettava. I sardi sono sotto choc, incapaci di accettare una realtà che fa male e che aggiungerà macerie alle macerie accumulate in un anno di economia al palo. Certo la situazione dell’isola non è paragonabile a quella delle altre zone arancioni. Ma tant’è: decide l’algoritmo e la politica non ci mette becco. E si sa che i numeri non hanno anima né cervello. I numeri, mai come oggi, fanno i numeri.