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Un tempo, l’elemosina, veniva identificata con il nome “questua” che, secondo la tradizione cristiana, indicava l’andare di porta in porta a elemosinare offerte, in particolare cibo o denaro. Oggi, a distanza di millenni, questa prassi non ha modificato il suo significato, tuttavia il suo nome si è tramutato in un altro, un pò più lungo e forse anche meno elegante: accattonaggio. La crisi economica, purtroppo, ha portato sul lastrico molte famiglie e persone, in primis gli immigrati (Rom, africani, albanesi, etc.) per sopravvivere si concentrano nei semafori delle nostre strade per chiedere l’elemosina, vendere mercanzia varia: dai fazzoletti alle rose, o pulire il parabrezza delle auto. In mezzo a queste persone ogni tanto ci sono anche bimbi che, in genere, assieme alle loro mamme chiedono l’elemosina agli automobilisti di passaggio. Diverse persone si chiedono: ma l’accattonaggio è legale? Il Codice Penale italiano contiene un articolo ben specifico a tale proposito: il n. 670 sulla mendicità, che prevede la reclusione fino a tre mesi per chiunque elemosini denaro in luogo pubblico. In realtà, però, una sentenza della Cassazione del 1995 ha chiarito che ci sono accattonaggi ed accattonaggi e di conseguenza non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Pertanto, se la richiesta di denaro è legittimata da “umana solidarietà”, se fa “leva sul sentimento di umana carità” e se “non intacca né l’ordine pubblico né la pubblica tranquillità”, allora essa è lecita. Quindi, distinguere un tipo di accattonaggio da un altro diventa una cosa molto complessa, soprattutto se non si è nelle condizioni di valutare quale sia il limite per la “reale povertà” o di prevedere l’utilizzo finale del denaro richiesto, ossia se poi questo viene utilizzato per l’acquisto di alcool, droga o altri beni non legati ad uso di primaria necessità. «E i bambini nei semafori?», si chiedono alcuni. Anche in questo caso, con la sentenza n. 44516/2008, la cassazione ha stabilito che una madre Rom che portava i bambini a mendicare al semaforo era stata assolta dall’accusa di «riduzione in schiavitù». Infatti, l’accattonaggio con minori Rom al seguito non è necessariamente una forma di maltrattamento o sfruttamento di minori. In pratica, secondo la sentenza, anche i bimbi Rom chiedendo l’elemosina (per sopravvivere) contribuiscono all’economia familiare. In altre parole, i giudici non hanno autorizzato la “questua” dei Rom con i minori al seguito, hanno invece contestato l’equazione: elemosina sta a Rom come sfruttamento di bambini sta a schiavitù.