di Paolo Rapeanu
Dal Veneto alla Sardegna, un ritorno “obbligato” nella terra natale per motivi personali e i tanti tentativi, tutti andati a vuoto, di avere un nuovo lavoro. Marco Tiddia ha 51 anni, è di Oristano: sposato, tre figli (un maschio di 23 e due figlie di 19 e 11 anni), si è rimboccato le maniche per portare il pane a casa: “Sono principalmente un presepista, realizzo miniature con la porcellana fredda e compongo prodotti tipici, come su casu marzu, formaggi, pane carasau, tutto nel modo più realistico possibile”. Non solo, Tiddia e il legno cento per cento sardo hanno come stretto amicizia: “Sughero e castagno per creare i taglierini dei prodotti tipici sardi, una delle mie figlie mi dà una mano d’aiuto quando può”. Già, i tre figli: “Quando trovano qualche lavoretto lo fanno molto volentieri”, e non potrebbe essere altrimenti, in una famiglia nella quale solo il papà lavora “grazie alle mie mani e alla mia fantasia”. Come gli “amigurumi”, cioè pupazzetti realizzati all’uncinetto con tecnica giapponese.
Un passato recente fatto di tante “porte lavorative” che non sono proprio esistite, per il 51enne: “Volevo lavorare come cameriere, ho studiato all’Alberghiero, ma i locali nei quali sono stato qualche anno fa oggi sono tutti chiusi”. Per via della crisi: “C’è, e si sente tantissimo. Le mie creazioni vanno dai 3 ai dieci euro, ma molte persone guardano e non comprano. Ma io vado avanti”, afferma, orgoglioso, Tiddia, “non sono a carico del Comune”, anzi, “di nessuno”. E, al netto del fatto che “si sopravvive”, è la più grande vittoria morale per un papà sardo che, pur di non far mancare il pane in tavola, realizza creazioni che raffigurano quello più amato dagli isolani, il carasau.