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Roberta Gambarini, stella del canto jazz americano, inaugura giovedì 1 agosto (ore 21.30) la decima edizione dell’International Nora Jazz Festival. Una rarità assoluta. La cantante di origine torinese si è fatta largo nel difficile star-system della musica afroamericana a New York, grazie alle sue eccellenti doti di interprete e a una vocalità raffinata coltivata per anni con lo studio e il confronto con i jazzisti più titolati della scena stelle e strisce. Tanto studio e gavetta per una delle pochissime artiste non americane che per due volte ha visto un proprio album candidato ai Grammy come disco dell’anno (prima “Easy to love” del 2007 e poi “So in love” del 2009). Un’edizione come sempre organizzata dall’Associazione Enti Locali per lo Spettacolo e dal Comune di Pula, che si terrà nella straordinaria location del teatro antico di Nora. Un appuntamento che si affida al fascino e al mistero dell’universo femminile per invitare il suo affezionato pubblico a quattro serate di grande classe che proseguiranno con Catherine Russell (sabato 3 agosto), Mayra Andrade (giovedì 8 agosto) e Cyrille Aimée (sabato 10 agosto). Voci grintose, abbaglianti, dai forti vibrati, che fondono blues, pop, morna e afrobeat per poi sciogliersi ineluttabilmente nel jazz.
Palcoscenico tra i più potenti e suggestivi dell’Europa festivaliera, nato sotto il segno della ricerca e della qualità, nella prima decade di agosto Nora Jazz propone dunque un calendario di artiste destinate ad arricchire il parterre di ospiti di fama mondiale che, anno dopo anno, sceglie il festival pulese come unica tappa esclusiva dei suoi tour in Sardegna. Caratterizzati da interpretazioni struggenti, talvolta aggressive, talvolta dolcissime e abbaglianti, gli stili delle quattro regine del jazz contribuiscono alla ricchezza della proposta degli organizzatori del festival, da anni impegnati in una nuova e originale narrazione culturale del territorio pulese. Un territorio immerso in un contesto storico di straordinarie bellezze artistiche e paesaggistiche e che, nei dieci giorni del festival, oltre ad intercettare le nuove tendenze della musica internazionale, propone originali appuntamenti letterari ed enogastronomici aperti al pubblico, da godere prima dell’inizio di ogni concerto nella suggestiva terrazza affacciata sul mare. Gli incontri letterari con le scrittrici Simona Tilocca, Vanessa Aroff Podda, Claudia Aloisi, Cristina Caboni sono organizzati da Giovanni Manca in collaborazione con le case editrici Condaghes, Nor, Palabanda, Garzanti e Libreria Lo scolaro, Pula.
IL PROGRAMMA
Roberta Gambarini, giovedì 1 agosto, ore 21.30
Roberta Gambarini – voce
Rob Bargad – piano
Ameen Saleem – contrabbasso
Mario Gonzi – batteria
Roberta Gambarini, il canto jazz americano ha una protagonista di classe che parla italiano. Una rarità assoluta. La cantante di origine torinese si è fatta largo nel difficile star system della musica afroamericana a New York, grazie alle sue eccellenti doti di interprete e a una vocalità raffinata coltivata per anni con lo studio e il confronto con i jazzisti più titolati della scena stelle e strisce. Tanto studio e gavetta per una delle pochissime artiste non americane che per due volte ha visto un proprio album candidato ai Grammy come disco dell’anno (prima “Easy to love” del 2007 e poi “So in love” del 2009). Nel 2008 esce per la Decca “You are there” inciso con il grande Hank Jones, pianista e compositore che la indica come miglior cantante emergente negli ultimi sessanta anni. Nel 2011 è stata candidata ancora ai prestigiosi Grammy Awards come cantante dell’anno assieme ad artiste del calibro di Dee Dee Bridgewater e Cassandra Wilson. Dopo le lezioni dei giganti statunitensi – James Moody, Herbie Hancock, Jimmy Heath, Dave Brubeck – si afferma anche in Europa e nel resto del mondo esibendosi nei principali palcoscenici (Carnegie Hall, Kennedy Center, Hollywood Bowl, Jazz al Lincoln Center, North Sea Jazz Festival, Umbria Jazz) e collaborando con stelle come Jimmy Cobb, Paquito D’Rivera, Chucho Valdez, Mark O ‘Connor.
Nel 2015, pubblica “Connecting Spirits” una raccolta di composizioni scritte da un altro dei suoi maestri: il sassofonista e compositore Jimmy Heath. Il disco include alcuni arrangiamenti per voce sulle musiche e i testi di Heath, eseguiti con gli Heath Brothers e il batterista Master Tootie Heath. Lo scorso anno è stata protagonista di un intenso omaggio al sassofonista Lester Young nell’album “No eyes: looking at Lester Young”, opera del sassofonista italiano Emanuele Cisi inciso per la Warner con una formazione di tutto rispetto (Dino Rubini, tromba e flicorno, Rosario Bonaccorso al contrabbasso e Greg Hutchinson alla batteria). Attualmente è impegnata nella produzione di una nuova opera discografica la cui uscita è prevista entro l’anno.
Catherine Russell, sabato 3 agosto, ore 21.30
Catherine Russell – voce
Mark Shane – piano
Mark Munisteri – chitarra
Tal Ronen – contrabbasso
Mark McLean – batteria
Dal grande pop alla musica jazz. Nel curriculum di Catherine Russell, una delle più importanti jazz singers dei nostri giorni, collaborazioni importanti nel suo pedigree: da David Bowie a Steely Dan, Paul Simon e Jackson Browne solo per citare alcuni dei più famosi. Forte di una robusta partecipazione a progetti discografici che la vedono presente in oltre duecento registrazioni (e due Grammy, uno nel 2012 e l’altro nel 2017), la cantante newyorchese è figlia d’arte: il padre, Luis, è un grande pianista, band leader e arrangiatore, a lungo collaboratore di Louis Armstrong, mentre la madre, Carline Ray, multistrumentista e cantante di assoluto rispetto, fece parte delle International Sweethearts of Rhytm, prima band americana al femminile, per intenderci, con May Lou Williams e Ruth Brown. Di suo Catherine è una cantante che ha il dono di una grande versatilità e doti di classe singolare. Quella che unisce passione e conoscenza delle lezioni di un nobile passato (su tutte Ella Fitzgerald) al certosino lavoro di ricerca e sperimentazione. Caratteristiche che le hanno permesso di approdare pochi mesi fa alla pubblicazione per una etichetta di prestigio come Dot Time Records, del suo settimo album da solista “Alone Together” salutato dalla critica, al suo apparire, come una delle più interessanti opere di canto femminile jazz di questo periodo. Il disco è infatti uno scrigno di perle di assoluta bellezza e intensità interpretative. Catherine Russell canta brani composti da autentiche leggende come Nat King Cole, Irving Berlin e Howard Dietz, rese da Russell semplicemente strepitose per la freschezza della rilettura che unisce sapienza blues, humor e passione soul. A sostenerla dal vivo un ensemble adeguato dentro il quale splende la stella del virtuoso chitarrista Matt Munisteri e completato dal pianista Mark Shane, il bassista Tal Ronen e il batterista Mark Mc Lean. L’ensemble è lo stesso che accompagnerà Catherine Russell in questo tour e che avrà dal vivo, come ossatura principale dello show, proprio il repertorio di “Alone Together”.
Mayra Andrade, giovedì 8 agosto, ore 21.30
Mayra Andrade – voce
Nicholas Vella – tastiere
Euclides Gomes – chitarra
Swaeli Mbappé – basso
Tiss Rodriguez – batteria
È l’arcipelago di Capo Verde il nuovo centro della musica che unisce, abbattendo differenze di lingue e tradizioni, Nord e Sud del mondo, straordinario incubatore di tendenze e terra naturalmente aperta al confronto e agli scambi. La patria della amatissima e indimenticata regina della morna, Cesaria Evora. È stata lei a far conoscere al mondo il complesso patrimonio di canti e tradizione di ritmi e suoni di questo arcipelago di origine vulcanica. Un formidabile campionario di intrecci tra Caraibi, tradizioni europee e grande madre Africa, brodo di coltura dove è cresciuta un’altra straordinaria figlia di questi luoghi: la bella e talentuosa Mayra Andrade, tra i migliori eredi di Evora. C’è la registrazione di un concerto tenutosi nell’ottobre del 2010, un anno prima della sua scomparsa, in cui la Regina della morna chiama sul palco proprio la giovanissima Andrade. Fu un duetto emozionante, ideale passaggio di consegne tra due fantastiche interpreti. Ora Andrade è diventata una star popolare e amata, protagonista di uno stile inedito che unisce afrobeat e tradizione capoverdiana, jazz e folk portoghese. Questa figlia di diplomatici, nata a Cuba e sino all’età di 14 anni in giro per il mondo al seguito dei genitori, tra Senegal, Germania e Angola, ha dentro il sangue una forte passione nomade. Canta in creolo, portoghese e inglese, spaziando dal reggae di derivazione giamaicano al beat di origine centro africano, nigeriano e ghanese, e ovviamente i canti ricchi di saudade capoverdina. Un bagaglio impressionante che ha trovato sintesi felice nelle opere discografiche: da quella del debutto “Navega” del 2006 alle successive prove di “Lovely Difficult” del 2013 e l’ultima fatica, “Manga”, pubblicata a febbraio di questo anno. Un disco registrato tra Parigi, nello studio dell’anziano produttore di Evora, Lusafrica, e Abijan, e per il quale Andrade ha voluto la presenza di uno straordinario musicista come Kim Alves, multistrumentista di razza. Il risultato è stato quello di dare vita a un disco costruito in laboratorio ma attento a captare le attuali tendenze della nuova musica africana. Tredici tracce coinvolgenti tra cui spicca, uno dei momenti più forti, il brano “Vapor di Imigrason”, dedicato al problema dell’immigrazione dei giovani africani in terra europea. Una presa di coscienza forte che contiene l’esortazione a lottare per il riscatto economico e sociale di un grande continente come quello africano, tuttora umiliato e ancora territorio di caccia per le superpotenze che, con le complicità dei diversi ras locali, hanno lucrato per decenni impadronendosi delle ricchezze di quella terra.
Cyrille Aimée, sabato 10 agosto, ore 21.30
Cyrille Aimée – voce
Hila Kulik – piano/ tastiere
Matteo Bortone – contrabbasso
Dani Danor – batteria
La sfida è di quelle che fanno tremare i polsi. Nientemeno che misurarsi con il songbook di uno dei più famosi e controversi compositori e autori d’America: Stephen Sondheim. Cioè un pezzo di storia e per certi versi di leggenda del musical americano, genere che ha ampiamente contribuito a rinnovare, e da sempre per i jazzisti, miniera di standards. Da una parte il mito, dall’altra una giovane emergente cantante jazz con il dono di una eclettica versatilità: Cyrille Aimée. Padre francese e madre domenicana, adolescenza nel villaggio di Samois Sur Seine che ospita uno dei migliori festival dedicati alla memoria del chitarrista Django Reinhardt, il geniale virtuoso che disse no a Ellington per scegliere la libertà del suo popolo rom. Passione per la libertà che di sicuro ha contaminato la precoce Cyrille, la quale ha assorbito come una spugna il mondo musicale del jazz manouche, componente importante nella sua colorata formazione accanto alla canzone francese, i suoni etnici e il soul. A tutto questo si unisca una elettrizzante capacità della cantante di dominare teatralmente la scena. Nasce così una delle più apprezzate vocalist europee in terra d’America, dove Cyrill vive da oltre dieci anni, immersa nel mood del jazz newyorchese dove spicca per l’originalità del suo stile. Dopo una serie di riconoscimenti internazionali (ha vinto tra l’altro il concorso internazionale intitolato a Sarah Vaughan), due apprezzati dischi in duo con il chitarrista brasiliano Diego Figueiredo, il primo album “It’s a Good Day” (2014) inciso per la Mac Avenue Records, opera percorsa dai richiami manouche del chitarrista Adriane Moignard e gli sperimentalismi dell’altro chitarrista, l’italo francese Michael Valeanu, la impone autorevolmente a livello internazionale. La conferma arriva con il successivo “Let’s Get Lost” del 2016 e ora, appunto, la sfida di “Move on: A Sondheim Adventure” pubblicato alla fine dello scorso febbraio e dedicato a Sondheim. Cioè Stephen Joshua Sondheim, autore di musical celebri come “A Little Night Music”, “Sweeney Todd” o “Into the Woods”, famoso anche per essere stato il paroliere di “Gypsy: A musical fable” e soprattutto “West Side Story”. Per il cinema, ha scritto tra l’altro le musiche di “Reds”, “Dick Tracy” per il quale compose “Sooner or Later”, premiata nel 1991 con l’Oscar di migliore canzone. Un protagonista assoluto quindi, e il cui repertorio Cyrill ha affrontato in modo rispettoso ma senza complessi, rivestendolo di inedite soluzioni grazie a una grande voce, in grado di adattarsi alle diverse situazioni e una formidabile energia capace di passare in modo eccellente dal canto a cappella allo scat, abbandonandosi al blues. Un album di spessore e prova matura di una notevole cantante jazz.